Bizzarrie della giustizia italiana. Per giorni e giorni si è letto sui più autorevoli quotidiani nazionali dell’impossibilità, per il Presidente Berlusconi, di addire ai servizi sociali. Sentenze inappellabili sancite da altrettanto autorevoli “tecnici”, che alla prova dei fatti si sono rivelate neve al sole.
Una sorta di giurisprudenza “fai da te” che inquieta. Certamente è salutare che lo scenario politico abbia riacquistato (seppure temporaneamente, c’è da immaginare) una certa serenità, come ha opportunamente e tempestivamente sottolineato il Colle. E nessuno di noi, da impunito garantisca, sperava in un epilogo oltremodo severo e, come tale, davvero improprio. Ma certo appare singolare come la giurisprudenza – come tantissime altre questioni in Italia – possa essere scritta, interpretata, riscritta e re-interpretata all’infinito e sempre con argomentazioni giuridiche pregnanti.
Quasi che un cerchio possa divenire, all’uopo, un rettangolo, un triangolo, un trapezio e recare sempre la descrizione di cerchio.
Non si tratta neppure di flessibilità ma, piuttosto, di vero e proprio “illusionismo giuridico”. Prima come dopo. Prima per una sentenza tanto eccessiva da configurarsi come una sorta di “vendetta” politica. Poi per conseguenze che chiamare “pena” appare davvero grottesco.
Due pesi e due misure per la stessa persona. Nel bel Paese la giustizia non pare essere uguale neppure per il singolo. Non siamo il Paese di Pulcinella, ma piuttosto il paese di Silvan. Sim sala bim!