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Chi è Viktor Orbán, il vincente premier ungherese che si barcamena tra Occidente e Putin

Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo l’analisi di Alessandra Nucci apparsa su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi.

I sondaggi danno per immutati i consensi che dovrebbero consentire al primo ministro Viktor Orbán di ripetere il successo delle elezioni del 2010 e approdare a un terzo mandato, davanti al Partito Jobbik (destra radicale) e a un’alleanza meramente elettorale messa insieme da socialisti, centristi, liberali e parte dei verdi.

PREMIER RIFORMATORE

Le riforme di Orbán hanno trasformato radicalmente il Paese riducendo il peso dell’influenza straniera. Da qui le accuse di ogni genere, dal dispotismo all’antisemitismo. Ma, chiariti ed emendati nel tempo i provvedimenti per la regolamentazione dei media e della magistratura, le cose che più di ogni altra hanno attirato gli strali della Commissione europea sono state la nuova Costituzione, di impronta fieramente cristiana e libertaria, e i cambiamenti nella gestione della Banca centrale ungherese (o magiara, sinonimo di ungherese), di cui è diventato governatore l’ex ministro della giustizia, Gyorgly Matolcsy.

I SUCCESSI IN ECONOMIA

Quattro anni fa l’Ungheria era in preda a una profonda crisi non solo economica (cominciata nel 2006, due anni prima che nel resto del mondo) ma anche morale. Disoccupazione, perdita di potere d’acquisto, emigrazione, abrogazione di precedenti diritti come la tredicesima avevano dato luogo a pesanti scontri di piazza, brutalmente repressi dall’allora governo di centrosinistra, che ne uscì screditato, spianando la strada al Partito Fidesz, che ottenne i due terzi dei seggi nel parlamento (e portando al 16% anche il partito della destra radicale, Jobbik).

LA SFIDA ALL’EUROPA

Orbán partì subito con una raffica di provvedimenti, osando sfidare sia l’Unione europea sia soprattutto il cosmo finanziario, e trasformando radicalmente il paese. Le prime conclusioni si possono cominciare a tirare adesso. Il debito pubblico, aumentato con il centrosinistra dal 61,8 al 79,8% sul pil, ha fermato la sua corsa, nonostante nel frattempo il paese abbia rimborsato integralmente, nonché espulso da Budapest, il Fondo monetario internazionale; l’inflazione è ferma all’1% e il pil, sempre in positivo da più di un anno, per il 2014 è dato al 2,1%. In queste settimane Standard & Poor’s ha alzato il rating del debito pubblico dal livello negativo a livello stabile, e gli economisti di BofA Merrill Lynch hanno raddoppiato le stime di crescita per il 2015.

LE SFORBICIATE DI ORBAN

Ciononostante, sostiene il giornale britannico The Guardian, 1,38 milioni di cittadini vivono ancora a livello di mera sussistenza e altri 4 milioni la superano di poco. «Per compensare il denaro che ha perso buttando fuori il Fmi», accusa la testata, «Orbán ha introdotto decine di nuove tasse». La novità però sta nel fatto che il governo magiaro, che fa parte dell’Ue ma non della moneta unica, ha tassato i profitti delle banche e in futuro tasserà i trasferimenti di denaro all’estero, le bollette telefoniche delle multinazionali e i proventi delle miniere, favorendo il capitale magiaro a scapito di quello straniero. Allo stesso tempo ha ridotto i parlamentari da 386 a 199, ha tagliato del 20% le bollette elettriche per privati ed enti pubblici, e annuncia di voler estendere la riduzione anche alle imprese. E quando le banche hanno deciso unilateralmente di trasferire il peso delle tasse sui correntisti, alzando le tariffe, la banca centrale ha assestato multe per circa 3,9 milioni di euro alle 35 banche principali, per costringerle a rimborsare centinaia di migliaia di correntisti. Le banche straniere se ne andranno? Orbán fa loro ponti d’oro.

TRA EUROPEA, POPOLARISMO E AMICIZIA CON PUTIN

Ma non si tratta solo di economia: la visione del mondo di Orbán non potrebbe essere più distante da quello prevalente nell’Unione europea, vista come un monolito che ricorda da vicino il Politburo comunista, anziché una comunità di Stati sovrani. Così il paese magiaro, stretto come le altre nazioni dell’Est Europa fra Mosca e Bruxelles, ha optato per l’ex nemico, ritenuto più affidabile in termini di rispetto della libertà nazionale, e più affine come modello politico e morale (ordinato e di stampo cristiano), da contrapporre a un’Unione europea non più liberista come nel progetto di Adenauer, Schumann e De Gasperi, ma atea e giacobina. Proprio in questi giorni l’Ungheria ha firmato un accordo di credito con la Russia da 10 miliardi di euro per l’ammodernamento della sua centrale nucleare a Paks, nell’Ungheria centrale.



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