Il conflitto tra ambiente e industria si va piano piano risolvendo in Italia. E, un suggerimento per fare sempre meglio, potrebbe essere quello di prendere come guida i buoni esempi, a cominciare da quelli italiani ed europei.
Questo il pensiero dell’ex ministro Edo Ronchi, attuale presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile nonché subcommissario all’Ilva di Taranto (il grande stabilimento siderurgico tarantino commissariato dal governo, dove si sta tentando di conciliare la continuità produttiva, la tutela dell’ambiente e della salute, e l’occupazione, portando a compimento un importante Piano di adeguamento ambientale degli impianti).
Ronchi – in una conversazione con Formiche.net – rivela che alcune “situazioni critiche”, su cui poi è intervenuta la magistratura, si sono create per i “ritardi” delle amministrazioni pubbliche. Ma, avverte, i giudici sono “attrezzati a perseguire i reati” non a “guidare” le imprese.
AMBIENTALISMO E INDUSTRIA
Per Ronchi in Italia ambientalismo e industria sembrano aver fatto se non pace almeno aver firmato alcuni armistizi: “Almeno per due ragioni“, spiega. “Molti degli impianti più inquinanti hanno chiuso da tempo e molti altri impianti industriali si sono ormai sistemati e messi a norma dal punto di vista ambientale. Permangono alcune code che fanno notizia, ma sono in numero che a me pare ormai molto ridotto“.
TARANTO, VADO LIGURE, PORTO TOLLE
Ma l’inquinamento delle industrie, potrebbe non essere l’unico nemico, dal momento che sembra che anche quando si rispettano le leggi (in termini di limiti) i problemi non si risolvono. Una tesi, afferma Ronchi, che sarebbe sostenuta “sia da imprenditori” sia da “esponenti di organi di controllo” e da “taluni ambientalisti: i primi di solito difendono il loro operato passato, i secondi invocano l’insufficiente tutela della salute assicurata dalle norme di tutela ambientale vigenti. Anche se ciascuno ha il diritto di difendersi e va ritenuto non colpevole fino alla condanna, quando si sono manifestati fenomeni rilevanti di inquinamento, si sono di solito violate anche norme di tutela ambientale”. Per l’ex ministro “le norme italiane, di derivazione europea, di tutela ambientale, se correttamente applicate, sono in grado di assicurare un elevato livello di tutela della salute. Sostenere il contrario, come, con eccessiva leggerezza fanno taluni, può alimentare solo una sfiducia generalizzata e non ci aiuta a fare meglio. Un’impresa – prosegue – deve essere obbligata a rispettare le normative vigenti, se lo fa non deve avere altri obblighi. Il continuo miglioramento ambientale, ulteriore, oltre gli obblighi normativi e autorizzativi, utilissimo e sempre auspicabile, va perseguito incoraggiando e incentivando la ricerca, l’innovazione di prodotto e di processo, gli accordi volontari e le collaborazioni con le istituzioni ai vari livelli”.
MAGISTRATURA AL POSTO DELLA POLITICA?
“In un certo senso, soprattutto nelle code rimaste di impianti che ancora hanno rilevanti impatti ambientali – mette in evidenza Ronchi – i ritardi degli organi tecnici di controllo e delle amministrazioni pubbliche ai vari livelli (comunali, regionali e nazionali) hanno contribuito a creare situazioni critiche che hanno motivato l’intervento della magistratura. Ma la magistratura è attrezzata per perseguire reati, non per indirizzare processi produttivi, individuare tecnologie, controllare impianti. Si possono creare frizioni e difficoltà nel periodo necessario al risanamento ambientale, soprattutto se questa deve avvenire con impianti funzionanti”.
LE SCELTE DELLA CLASSE DIRIGENTE
“A mio parere – dice ancora il presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile – servirebbe un accurato lavoro di manutenzione per rendere le norme di tutela ambientale più chiare, più certe e di più facile applicazione e anche per meglio definire chi fa i controlli ambientali”. Un esempio sono i “tempi per le Autorizzazioni ambientali integrate (Aia) troppo lunghi”. E così potrebbe capitare che “l’Aia prescriva un intervento che poi potrebbe essere bocciato con una Via (Valutazione di impatto ambientale) negativa”.
TROPPI ORGANI DI CONTROLLO
“La moltiplicazione dei corpi che fanno controlli ambientali agli impianti industriali – osserva Ronchi – è eccessiva: la Finanza, il Noe (i carabinieri del Nucleo operativo ecologico), le guardie provinciali, l’Arpa (l’Agenzia regionale) e l’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale)”.
LA RICETTA DI RONCHI
“Suggerisco di partire dalle buone pratiche, dai casi positivi che ormai sono numerosi anche in Italia – rileva Ronchi – basta guardarsi intorno: le imprese che producono in modo pulito ed hanno un buon rapporto col territorio circostante sono ormai numerose. Partecipo da tre anni all’esperienza della preparazione e svolgimento degli Stati generali della green economy: ho visto migliaia di imprese italiane e decine di loro organizzazioni che tengono benissimo insieme impresa, lavoro, ambiente e salute. Certamente vi sono ancora imprese che, come l’Ilva di Taranto, hanno avviato un percorso molto impegnativo di risanamento ambientale e che hanno bisogno di tempo per portare a termine questo percorso – conclude – sono convinto che anche in questi casi vi sia lo spazio per portare avanti questo percorso e per avere anche in Italia impianti migliori, dal punto di vista sia ambientale sia tecnologico”.