Pubblichiamo un articolo di Affari Internazionali
Dopo aver escluso l’applicazione della legge antiterrorismo al caso dei due Marò, la Corte suprema indiana ha ammesso il ricorso italiano volto ad impedire che la polizia dell’antiterrorismo (Nia, National Investigation Agency) prosegua le indagini e formuli i capi di accusa.
La Corte suprema si è però riservata di udire le controparti e ha fissato una nuova udienza tra quattro settimane. Con il rischio che il periodo feriale prolunghi di nuovo una decisione sulla vicenda.
Ma non è questo il punto. Occorre finalmente chiarire se l’Italia voglia difendersi nel processo oppure dal processo. Finora ha contestato la giurisdizione indiana nel processo, presentandosi alle udienze insieme ai due fucilieri di marina e di tanto in tanto ha sollevato la questione nei fori internazionali, ma senza ottenere risultati rilevanti.
Ora si punta sull’internazionalizzazione della vicenda e addirittura si adombra qualche mossa “segreta”, che le autorità competenti non hanno voluto rivelare per evitare di fornire all’India la possibilità di preparare una contromossa!
Cosa vuol dire in concreto internazionalizzazione della vicenda?
DIFENDERSI DAL PROCESSO INDIANO
In primo luogo, il rifiuto di presentarsi alle udienze di fronte alla Corte suprema o di fronte ad altro tribunale indiano. “Nessun processino”, ha dichiarato il rappresentante speciale del governo italiano. Mettersi su questa strada significa non solo impedire che i due fucilieri si presentino in tribunale, ma anche ordinare che essi non si presentino più alle autorità indiane per la firma settimanale.
Questo, ovviamente, potrebbe comportare la revoca della libertà di movimento di cui attualmente godono. I Marò, quindi, dovrebbero starsene chiusi nella nostra ambasciata, luogo sicuro, dal momento che gli indiani non oserebbero invaderne i locali come fecero gli iraniani nel 1979 nei confronti dei locali diplomatici degli Stati Uniti a Teheran.
Non credo, d’altro canto, che l’India acconsentirebbe all’invio dei due Marò in Italia in attesa che si definisca la vicenda, come ha chiesto a gran voce il nostro governo.
Una volta rifiutato il processo in India, l’internazionalizzazione ha davanti due strade: l’arbitrato internazionale o il negoziato diplomatico, da condurre in un quadro multilaterale. Ambedue dovrebbero stabilire a chi spetti la giurisdizione, senza entrare nel merito della vicenda, senza stabilire cioè se i due fucilieri siano effettivamente responsabili della morte dei pescatori indiani.
Natalino Ronzitti è professore emerito di Diritto internazionale (LUISS Guido Carli) e Consigliere scientifico dello IAI.