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Ecco perché il Def renziano non mi piace

Non c’è dubbio noi siamo curiose e ci piace approfondire la situazione economica perché ci sentiamo cittadine e non suddite. Dunque quando è uscito il Documento di Economia e Finanza – la legge finanziaria insomma – e contemporaneamente abbiamo letto le critiche del FMI – Fondo Monetario Internazionale – nonché dell’Ocse – Organizzazione internazionale Paesi più industrializzati – siamo andate a cercare le novità italiane nella proposta renziana di manovra per ragionare sui numeri.

Abbiamo calcolato che la spuntatina energetica alla bolletta si bilancia però all’aumento dei biglietti ferroviari, incertezze sulle detrazioni famigliari e invece di sicuro l’addizionale locale sulla Tasi. I dati sulla produzione industriale ci dicono che la crescita manifatturiera nel primo trimestre sarà di mezzo punto e quindi , ancora meno sarà quella del pil. Infatti l’Ocse indica un profilo piatto del nostro prodotto lordo a metà anno, e il Def fa una ipotesi di crescita dell’economia irrealistiche: lo 0,8% di quest’anno è di almeno 2-3 decimi di punto sopra tutte le previsioni, nazionali e internazionali, con uno scarto in eccesso tra il 25% e il 37%, mentre l’1,3% indicato per il 2015 è poco giudicabile per le troppe variabili che influiscono (l’1,9% previsto dal Def nel 2018 è addirittura fantasioso) ed è sovrastimato se confrontato con altre previsioni.

Sono evidenti differenze che incidono sul rapporto che misura il pil raffrontato al deficit infatti a fronte del 2,6% Fmi già dice 2,7% senza aver scontato gli effetti della manovra di Renzi su cui temiamo si apra il contenzioso con l’Ue. Ragioniamo sulla manovra renziana: prevede una manovra strutturale – il taglio delle tasse – coperta solo sulla carta in misura consistente da una tantum (le entrate Iva derivanti dal pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni, che non rappresentano nuove risorse, e la tassa a carico delle banche per la plusvalenza sulla cessione delle azioni di Bankitalia da loro possedute) che producono un equivalente ammanco nei prossimi esercizi.

Per il resto tagli di spesa in parte del tutto ipotetici e per 3 miliardi (sui 10 complessivi degli sgravi Irpef) relativi a risparmi già impegnati nell’ultima manovra del governo Letta: insomma tutto per ottenere i famosi 80 euro per qualche milione di italiani ma sicuramente non a tutti quelli indicati- se si considera l’incidenza degli interventi sulle detrazioni – che non sappiamo invero se i nostri compaesani li spenderanno a beneficio dell’economia ma terrorizzati dalla povertà li risparmieranno.

Quello che è certo che i conti non tornano e purtroppo sono conti che fanno pressione in bene o in male sul voto delle europee perché in molti italiani si illudono che la situazione possa cambiare. In buona sostanza bisogna di conseguenza avere il coraggio come il FMI ci suggerisce di tagliare la spesa pubblica strutturalmente e non una tantum…

Insomma il Def nostrano è una manovra politica esattamente in continuità con le altre e non riformatrice perché se Renzi avesse messo in campo un intervento strutturale sul debito usando il patrimonio pubblico e chiedendo a quello privato di concorrere – come gli è stato suggerito, come a Monti e Letta, da molti autorevoli economisti e anche da noi- avremmo sicuramente più fiducia.

Allora non mettiamo la testa sotto la sabbia e non enfatizziamo l’energia renziana come se fosse la soluzione poiché la strada è in salita, ci vuole tutta la buona volontà delle italiane e degli italiani per non cedere al populismo né di destra estrema né di sinistra estrema o comunque dei movimentisti poiché una buona politica valorizza le strade del rigore perché senza di esso non c’è sviluppo. Dunque superiamo con giudizio la boa delle europee e mettiamo in pista una alleanza vera per un Paese riformatore vero, internazionale.

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