Pubblichiamo un articolo dell’Ispi
La grande attesa che circonda le elezioni presidenziali afghane è dovuta principalmente al fatto che si tratterà del primo esperimento di passaggio dei poteri da un presidente all’altro tramite elezioni. Una sorta di banco di prova per quel modello di rappresentatività di derivazione occidentale adottato per la prima volta nel 2004, ma di fronte al quale l’Afghanistan ha fino a ora reagito come di fronte a un corpo estraneo, e non senza ragioni.
Uno dei grandi interrogativi di fronte a cui gli osservatori si trovano in questi giorni sembra essere dunque: può un processo elettorale – ammesso che sia libero e competitivo – conferire legittimità al governo di un paese nel quale il potere ha sempre basato la propria legittimità su altre fonti? Una delle variabili di lungo periodo che ha segnato la lunga e tormentata storia afghana è infatti la persistenza dei meccanismi tribali di potere, che ha reso instabili i rapporti centro-periferia ogni qualvolta tali rapporti abbiano cercato di strutturarsi secondo logiche differenti.
Per la maggior parte della storia afghana, la legittimità politica di un governo è stata legata alla capacità da parte di quel governo di mantenere l’ordine e garantire la sicurezza. Fino al 1747, la regione afghana non ha conosciuto il concetto secondo il quale la classe di governo deve essere rappresentativa della popolazione governata. Solo l’avvento di Ahmad Shah Durrani, capo pashtun che ha consolidato in un’unica nazione le tribù afghane creando una sorta di proto-stato tribale, ha in parte introdotto il concetto di rappresentatività, anche se non nella sua declinazione occidentale.
La neonata “terra degli Afghani”, mai esistita nella realtà, obbediva alle esigenze della modernizzazione che imponeva il rafforzamento del potere centrale a discapito dei potentati locali: il centro nominava in tutte le province dei funzionari – quasi esclusivamente parenti del re – che non venivano scelti per le loro capacità ma per la loro appartenenza tribale, innescando un processo di aumento della consapevolezza etnica e una sua conseguente politicizzazione: il capo politico deve essere il capo etnico, e precisamente un pashtun.
Annalisa Perteghella, PhD Candidate, Università Cattolica di Milano.