Come tutte le rivoluzioni, vere o fasulle, anche la Rottamazione ha i primi delusi. D’altronde c’è sempre chi aspira ad essere più rottamatore dell’araldo della Rottamazione.
Matteo Renzi, il rivoluzionario vero o presunto e sicuramente osannato, è veloce, svicolante, camaleontico. Le donne restano ai margini nelle grandi aziende? Allora avanti con un buon esempio nei campioni nazionali: dunque quattro donne alla presidenza di quattro colossi aziendali partecipati dallo Stato. Ma i rivoluzionari in servizio permanente effettivo mugugnano e bisbigliano, pure in uno dei regni del familismo e del nepotismo, ossia il giornalismo: ah ma Emma Marcegaglia e Luisa Todini sono figlie d’arte con assidue frequentazioni politiche. Ohibò. Ma non tutte hanno avuto esperienze di grandi aziende e non sono ricordate per successi particolari, si sente pure bofonchiare. Però i presidenti rottamati, come Paolo Andrea Colombo all’Enel, hanno fatto il loro dovere, fa notare oggi sull’Unità Massimo Mucchetti, che pure non ha lesinato sforzi nel portare acqua al mulino rottamatorio pur non essendo un renziano di stretta osservanza, anzi.
Di sicuro il Rottamatore gongola. Eh sì, lui, l’amico di Luca Cordero di Montezemolo e di Diego Della Valle (che chiedeva a ogni pie’ sospinto le dimissioni di Mauro Moretti da Fs) nomina Moretti alla guida di Finmeccanica, uno pochi campioni nazionali con proiezione internazionale e con un ruolo strategico rilevante. Altro che bisticci mediatici sul taglio alle remunerazioni lamentato, anzi stigmatizzato, da Moretti qualche giorno fa. In effetti mentre tutti i giornali ricamavano sulla certa rottamazione di Moretti, che era la punta di lancia dei manager in via di strisciante fronda anti renziana, lo stesso Moretti faceva sapere a Renzi che lui si era limitato a dare voce a manager interni dubbiosi e critici verso la misura, ma non si era lamentato pro domo sua.
Ma il premier più che ai giornali italiani guarda a quelli esteri e dunque sogghigna visto quanto scritto da due quotidiani finanziari internazionali: il Financial Times nella versione on line ha apprezzato il “massacro della vecchia guardia italiana” e il Wall Street Journal ha sottolineato che le scelte compiute hanno seguito criteri di “trasparenza e merito”.
Lo sgusciante Renzi ha spiazzato pure in casa Confindustria. Così, dopo aver chiamato la ben poco squinziana Federica Guidi al ministero dello Sviluppo economico, piazza la squinziana Emma Marcegaglia alla presidenza dell’Eni, facendo marameo al Fatto Quotidiano e a Repubblica che hanno tirato fuori dai faldoni il passato giudiziario del gruppo di famiglia e dei parenti: il fratello di Emma, Antonio Marcegaglia, patteggiò una condanna a 11 mesi per una tangente pagata a un manager di Enipower, ricorda Sergio Rizzo sul Corriere della Sera. Renzi si è fatto pure beffe di chi già stava con il fucile spianato in caso di innesti esterni nei ruolo di amministratore delegato in Eni ed Enel, invece ha valorizzato risorse di top manager interni, come Claudio Descalzi e Francesco Starace.
Fra i rottamati finiscono pure i cacciatori di teste, idolatrati dal tecnicismo renziano che ha in uggia il capitalismo relazionale. E che ti combina Giamburrasca Renzi? Dei 14 nomi proposti da uno dei due cacciatori di teste per i consigli di Eni, Enel e Finmeccanica ne è stato preso in considerazione uno soltanto. D’altronde nei consigli di amministrazione delle società partecipate dal Tesoro non mancano i filo Angelino Alfano (che i giornali indicano in Salvatore Mancuso in Enel e Andrea Gemma all’Eni). E all’Enel c’è pure, facendo rischiare un infarto agli aedi del purismo renziano, il pistoiese Alberto Bianchi, presidente della renzianissima Fondazione Open, dedita alla raccolta di fondi.
Avanti tutta, forza Mago Matteo. Il renzismo trionferà.