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Cari sindacati, formarsi ai nuovi media è una rivoluzione che non tutti possono fare

C’è una mutazione in atto nei new media e bisogna attrezzarsi. In biologia senza variabilità genetica tutti gli esseri viventi dovrebbero, per ereditarietà, essere uguali al primo. Ma la scienza ci dice che la struttura del DNA, che è alla base della trasmissione dei caratteri ereditari, ha una stabilità relativa e non assoluta. Mentre la stabilità garantisce la conservazione dell’informazione iniziale, l’instabilità ne determina le modificazioni o meglio, per usare un termine proprio, le mutazioni.

TECNOLOGIA E INSTABILITA’

Sono le nuove tecnologie che hanno introdotto questo elemento d’instabilità e quindi di mutazione che sta cambiando l’ecosistema sociale e con esso anche il mondo dell’informazione così come lo abbiamo conosciuto fino ad oggi. Anche il sindacato deve rendersene conto. Certo le nuove forme della comunicazione fanno discutere, perché producono effetti profondi a 360 gradi, quindi anche sulle relazioni tra le persone e nel campo istituzionale e politico. Tutto ciò si può e si deve discutere, ma stando dentro le contraddizioni e agendo perché la comunicazione sia funzionale alla costruzione di cittadinanza e di comunità e questo vale in modo eminente per la comunicazione sindacale.

I DATI

I dati parlano chiaro: la diffusione e l’utilizzo di nuovi device portatili come smartphone  (il 79 % degli Italiani ne possiede almeno uno) e tablet  ha aumentato la pervasività della comunicazione e dell’informazione nella nostra quotidianità. Ciò impone ai soggetti sociali e politici di stare al passo coi tempi, non solo per raccontare di sé ma soprattutto per anticipare temi e decodificare e selezionare le miriadi di imput informativi che affollano la rete. Partiti e sindacati storicamente hanno radicato la propria rappresentanza nel rapporto faccia a faccia con le persone, sul territorio, nelle fabbriche, praticando un modello comunicativo teso a confermare una cultura, un’ideologia e soprattutto orientato a un cambiamento prodotto dalla propria azione. Nella società post-ideologica bisogna invece giocare d’anticipo; la comunicazione non può più ridursi ad appendice postuma di un’azione di rappresentanza che incorpora una partecipazione politica basata su un forte radicamento sociale.

COMUNICARE IL SINDACATO

Oggi, nell’era di Internet, soprattutto le giovani generazioni rischiano di essere “partecipi al tutto rinchiusi in una stanza” (Ivo Lizzola) assumendo criteri di orientamento senza avere un luogo di confronto e discernimento spesso solo sulla scorta di esperienze emotive. Comunicare, per il sindacato e per chi fa rappresentanza collettiva, è invece avere la possibilità di ri-orientare l’immaginario individuale e collettivo dei lavoratori, che è una grande risorsa per riannodare i fili delle relazioni sociali in un ambito come il lavoro dove non esiste più la solidarietà generata “naturalmente” dalla condivisione della medesima condizione.

IL ROVESCIO DELLA MEDAGLIA

Solo qualche anno fa, le assemblee rappresentavano lo strumento principale per informare lavoratori e iscritti, per far crescere la consapevolezza dei problemi e rendere condivisibili le soluzioni. Oggi sempre più spesso i lavoratori si formano autonomamente i propri convincimenti, passando per la rete o informandosi e comunicando attraverso i social network.

Questa medaglia tuttavia ha anche un suo rovescio, perché non solo – paradossalmente – “in questa epoca d’oro della comunicazione e dell’informazione non c’è più modo di sapere quello che succede” (Andréas Ràbaco Garcìa), ma anche perché la conoscenza di ciascuno passa attraverso percorsi individuali spesso non comunicanti. E se ciascuno si costruisce da solo i suoi riferimenti, è la babele, non la comunicazione: tutti hanno in tasca una propria verità e quindi tutti hanno ragione. Il paradosso della nostra società – detta “della comunicazione”- è che all’indebolimento del legame sociale, si cerca di far fronte privilegiando le tecniche e gli strumenti della comunicazione. Ciò si può osservare soprattutto all’interno delle organizzazioni, specie nelle imprese, che fanno della competizione il motore della loro azione.

QUANDO LA COMUNICAZIONE E’ EFFICACE

Comunicazione e azione collettiva di rappresentanza sono due momenti inscindibili dell’azione sindacale. Perciò prima ancora che una questione di strumenti e di tecnologie, la comunicazione è efficace quando è espressione di un’identità, di una storia, di una memoria. Si comunica qualcosa se si è qualcuno e se si ha un progetto. In una società pluralista un’identità sana è aperta al confronto, sente la necessità di dialogare e costruire alleanze con altri soggetti orientati allo stesso fine. Certo, le forme e le tecnologie innovative della comunicazione possono aiutare ad ampliare il numero dei contatti, ma sono i tratti somatici sociali di un’organizzazione che permettono la sua riconoscibilità e generano consenso e partecipazione. Estetica e velocità, attributi della nuova comunicazione, rischiano di rimanere un guscio vuoto se si mette tra parentesi il contenuto.

L’ERRORE DI RENZI

Il premier Renzi ha indubbiamente introdotto una “novità” nella comunicazione politica sia  nell’estetica che nella velocità, che Antonello Di Mario ha evidenziato su Formiche.net (23 marzo). Ma la novità non è Renzi e il suo modo di comunicare; la verità è che la politica italiana e una parte del sindacato hanno pensato di poter fare a meno del confronto con il mondo che stava cambiando e si sono trovate spiazzate, pensando che i rituali potessero affrancarle e tenerle al riparo dalla responsabilità, mentre i barbari arrivavano.  La rete e i social media in questo rispecchiano in tutto e per tutto la distanza tra la “politica” e il paese reale. Oggi tutti provano a fare il salto pensando che l’apertura di un profilo Twitter o una pagina su Facebook  (per citare i più in voga) sia sufficiente a colmare il gap; la verità, come ama ripetere Jakob Nielsen nelle sue affollatissime conferenze, è che formarsi ai nuovi media è una rivoluzione che non tutti possono fare.

IL LATO SOCIAL DI FIM CISL

Nella FIM CISL da tempo stiamo lavorando con non poche difficoltà per riposizionare il nostro modo di comunicare stando dentro questa nuova dimensione. Già nel 2008, anticipando di qualche anno anche le scelte confederali, aprimmo un profilo Facebook come Giovani FIM CISL quando molti ancora non sapevano che cosa poi sarebbero stati i sociali network. Oggi a sei anni di distanza, l’intera organizzazione è consapevole dell’importanza che i nuovi media  posso avere nell’informazione, sia come strumento informativo, ma anche come mezzo per superare la barriera di certe lobby della stampa e dell’ “infotaiment” italiano che hanno racchiuso da anni dentro un cliché interpretativo ideologizzato e bipolare le vicende sindacali e del lavoro. Di tutto ciò  la “fenomelogia di Landini in TV” (sempre Di Mario su “Formiche.net”) è in negativo la massima espressione.

NON BASTANO I SOCIAL MEDIA

Il solo utilizzo dei  social media  non basta, servono formazione, consapevolezza, contenuti e identità. Per questo da qualche tempo abbiamo inserito all’interno dei corsi per operatori e dirigenti un modulo specifico di formazione sui new media e sul web 2.0.  In questo ci serviamo della collaborazione del regista Giovanni Panozzo, con il quale stiamo realizzando dei veri e propri “prodotti video” disponibili sul nostro canale Youtube, come ad esempio il video che spiega l’intesa sulla rappresentanza tra Cgil, Cisl, Uil e Confindustria.

L’informazione nel sindacato si produce e consuma tra impegno sociale e rappresentanza, e qui c’è ancora molto da lavorare per operare un cambio di prospettiva nell’utilizzo dei muovi mezzi.  Perché anche qui oggi passa obbligatoriamente la strada per “dare  voce” alle istanze dei più deboli.

Augusto Bisegna

responsabile ufficio stampa nazionale Fim Cisl



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