Fulvio Conti racconta Enel al parlamento. In audizione al Senato lo scorso 26 marzo, l’amministratore delegato e direttore generale della società elettrica ha presentato un lungo documento in cui spiega cosa è Enel oggi e cosa mira a diventare.
Enel oggi
Conti ha esordito raccontato una società che ha “attuato un processo di internazionalizzazione, trasformandosi da operatore locale a multinazionale dell’energia, ha una posizione solida nei mercati emergenti e nei settori ad alto potenziale, un portafoglio ben bilanciato in termini di geografia e tecnologia, stabilità patrimoniale e generazione di flussi di cassa, oltre a puntare su innovazione e responsabilità sociale e ambientale”. Dal 2005 al 2013 il gruppo elettrico è passato da 34 a 61 milioni di clienti, la reti da 1,1 a 1,9 milioni di chilometri, i ricavi da 34 a 81 miliardi, il margine operativo lordo è raddoppiato da 8 a 16 miliardi. E se 8 anni fa il gruppo era presente in 11 paesi oggi ne conta 40.
L’espansione internazionale
Tutto questo è avvenuto durante la gestione Conti. Ed è stato possibile soprattutto grazie a un processo di acquisizioni iniziato nel 2006 e che ha portato nelle mani dell’italiana il 66% di Slovenske Elektrame per 0,7 miliardi, il 40% di Artic Russia per una cifra identica (poi ceduta nuovamente) e il 67% di Endesa, per un valore di 28,2 miliardi: la maggiore Opa di un’italiana italiana all’estero. Ancora, Enel vanta il primato della prima Opa italiana su un’impresa energetica russa, la Ogk-5, comprata al 60% nel 2008 per 2,5 miliardi. Per razionalizzare il portafoglio, dal 2008 poi la società ha ceduto i rami secchi, alleggerendo il debito: asset di Endesa a Eon e ad Acciona, oltre al 50% di Endesa Hellas e il 100% di Endesa Ireland; oltre a, 95% di Enel Rete Gas. “Oltre la metà del valore pagato per l’acquisizione di Endesa – si legge nel documento – è stato bilanciato da dividendi incassati e minor debito del gruppo spagnolo che sta performando in linea con il piano di acquisizione nonostante il mutato contesto regolatorio e di mercato”. E mentre nel 2005 Enel era sistematicamente superata nei numeri da Eon e Edf, nel 2013 è il leader in Europa per margine operativo lordo e numero di clienti e seconda solo a Edf per capacità.
Un bene per il Paese
Enel ha contribuito al sistema Paese dal 2005 con oltre 100 miliardi. Allo Stato ha dato una media di 3 miliardi l’anno senza considerare i 4 miliardi della privatizzazione. Dei 25 miliardi di dividendi pagati in totale, ben 8 sono finite nella casse pubbliche. All’erario il colosso dell’energia ha pagato 18 miliardi; 21 miliardi tra stipendi e previdenza e 34 miliardi di indotto ai fornitori.
Non solo. Enel ha assunto 6400 persone tra il 2005 e il 2012, di cui 1439 con apprendistato poi confermato, ha speso 202 milioni di euro per fare 10,5 milioni di ore di formazione in Italia, non ha fatto ricorso ad alcun ammortizzatore sociale, ha assunto 1500 giovani dal 2013 portando il 25% dei dipendenti nella fascia degli under 35.
Rinnovabili e mercati emergenti nel futuro
Nel futuro Enel vede un ruolo crescente nelle rinnovabili, nella distribuzione e nella vendita, come valori chiave di crescita. Un obiettivo importante, visto che attualmente la società deriva il 51% del mol dalle attività regolate, il 38% da quelle non regolate, ma sempre tradizionali, e solo l’11% dalla generazione rinnovabile. I 16,1 miliardi di mol sono quasi equamente divisi tra mercati maturi (Italia e Spagna, il 58%) e mercati ad alta crescita (42% in Latino America, rinnovabili e mercati internazionali). Su questi ultimi punterà la società energetica, e anche gli analisti delle banche di affari credono fortemente nel piano industriale tanto che 16 sui 22 broker che la seguono hanno alzato a marzo il target price. Citigroup ha abbassato il giudizio a neutral (ovvero prevede un andamento pari a quello del mercato) come Mediobanca che ha confermato il suo neutral; tutti gli alti dicono buy (comprare, da Ubs a Intermonte a Equita a Icbpi). Overweight, invece, cioè sovrappesare in portafoglio, secondo Barclays Capital, JpMorgan, Hsbc e Morgan Stanley.
Meriti
E un primato Enel lo vanta anche nella retribuzione dei vertici: dal 2012 lo stipendio annuo del ceo è passato da 3,55 milioni a 2,16, avendo Conti applicato sulla parte variabile una riduzione del 65% su base volontaria. Una cifra che, secondo il benchmarck elaborato da HayGroup, è ben al di sotto di quella relativa ai ceo di società comparabili in Europa: da Eon, il cui ceo percepisce 5 milioni, fino ai 7,3 sfiorati dall’amministratore di Eni, i 7,5 del patron di Iberdrola e i 9 milioni che vanno al capitano di Rwe. Anche il presidente si è ridotto il bonus annuale del 30% nel 2013 portando la retribuzione da 1,38 a 1,2 milioni e portandosi in media con le società italiane di pari dimensione – mentre non è possibile un confronto con gruppi europei in quanto il presidente amministratore esecutivo ma privo di poteri gestionali è una peculiarità tutta italiana.
… e macchie
Solo alla fine del lungo e documentato elogio alla suo gruppo e al suo lavoro, Conti ricorda il procedimento pendente davanti al tribunale di Rovigo per il pericolo per la salute e l’ambiente derivante dall’esercizio di Porto Tolle tra il 1998 e il 2009: Conti è imputato per il periodo da maggio 2005 a luglio 2009, e per gli anni antecedenti lo sono i due amministratori delegati che lo hanno preceduto. “La centrale ha sempre rispettato i limiti di emissione previsti dalla legge – si è difeso e a concluso l’ad – e negli anni di mia gestione la centrale era ambientalizzata e ha avuto un funzionamento marginale o quasi nullo fino alla chiusura nel 2009”.