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Stati Uniti, Russia e Ucraina. Appunti aggiornati di geo-politica

Caro Direttore,

mi consenta di inforcare un paio di lenti geopolitiche. Lo voglio fare perché un po’ mi preoccupa il climax nei toni dei mezzi di informazione di casa nostra, come la pubblicità di ieri del gasdotto TAP in cui campeggiava la scritta “NYET” e l’esplicito invito ad emanciparci dalle fonti energetiche russe. Capisco la tendenza a prendere posizione in una fase delicata, e capisco anche la naturale propensione di Roma a rinnovare la lealtà all’alleato americano a ridosso della visita di Obama, ma non ne condivido l’opportunità. Ecco perché.

In prima battuta, sulla vicenda ucraina, Russia e Stati Uniti non la pensano evidentemente alla stessa maniera. Ambienti americani hanno a lungo sostenuto forze politiche ostili a Mosca, la quale appena ha avuto il sentore di un’accelerazione nei moti di piazza è intervenuta col pugno di ferro. Non è un mistero che la Russia avesse nel recente passato digerito male le “rivoluzioni” colorate in Georgia e Ucraina, con abbondante sostegno finanziario e logistico da parte dell’Open Society Institute del magnate George Soros a politici anti-Mosca, e che negli ultimi tempi Putin ritenesse di vantare qualche “credito” nei confronti di Washington. Come la gestione della sanguinosa guerra siriana, dove solo il ruggito di Mosca ha consentito di sigillare una tregua ed evitare così l’apertura di un pericoloso cuneo di instabilità tra sciiti, sunniti e alawiti sul quadrante orientale del Mediterraneo. O come l’interminabile trattativa sul nucleare iraniano, dove con ogni probabilità è solo per volontà della Russia che Teheran non dispone di tecnologie militari di ultimo stadio.

In seconda battuta, l’appiattimento non appartiene alla geopolitica né alla storia del nostro Paese. La nostra geografia non è solo un’espressione sulla cartina geografica, ma un destino. Terminale della Via della Seta, bisettrice del Mediterraneo, siamo esperti conoscitori delle numerose complessità del mondo islamico e siamo anche testimoni del rinnovato attivismo russo nel Mare Nostrum. Sotto questo punto di vista, Roma ha costruito una robusta reputazione come interlocutore leale e sofisticato per ciascun inquilino del condominio mediterraneo. E’ dunque evidente che Roma non possa permettersi di usare in politica estera lo stesso approccio di Paesi come la Polonia, che ciclicamente rivive gli atavici timori legati all’assertività russa e chiama in soccorso l’alleato americano.

Roma è unica, e non dovrebbe scordarsene mai, anche a costo di parlare al tempo stesso sia americano che russo che arabo. Non siamo ambigui, siamo sofisticati.

Gianni Castellaneta


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