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Gli ovetti elettorali di Renzi

Dopo annunci reiterati nelle settimane precedenti, il consiglio dei ministri prepasquale ha concesso a una parte degli italiani i famosi 80 euro. Il cosiddetto decreto bonus ha così distribuito i suoi ovetti piccoli piccoli, non escludendo ulteriori dolcetti alla vigilia del 25 maggio: che è poi il vero traguardo che Renzi insegue con la preoccupazione di non superarlo bene; e di dovere, subito dopo, fare i conti con il suo partito e con la sua maggioranza parlamentare che, intanto, avverte terrà nel frattempo unita a colpi di voti di fiducia.

In mancanza di uova pasquali vere e soddisfacenti, il premier ha scelto la strada della prudenza. Lui e i suoi ministri parlano ora di sobrietà (appunto, gli ovetti), il termine che fu, per una non breve stagione, il distintivo di quel governo Monti che, sentendosi un ottimo podestà straniero, fu insediato da Napolitano a Palazzo Chigi neppure fosse il sole dell’avvenire. Le altre piccole misure liberalizzanti annunciate dal consiglio dei ministri pasquale (sempre che si trasformino in provvedimenti concreti) sono all’insegna della parsimonia, quasi da taccagni e da insofferenti per le non marginali aree di povertà e di sottoreddito che vanno espandendosi nel paese. E ciò giustifica ampiamente l’opposizione centrista, in particolare la parte berlusconiana, cui si attribuisce una capacità d’attrazione prevalente nell’elettorato della terza e quarta età.

Persino grandi giornali, come il Corsera, che fanno da battistrada al politico novello, veloce e fattivo, deve ammettere che, con la conferenza stampa successiva al consiglio dei ministri, Renzi «ha messo a disposizione dei cittadini «una buona quantità di informazioni necessarie per valutare l’operato del governo». Informazioni non significano fatti, ma al massimo dichiarazioni d’intenti a babbo morto. Tant’è che l’ottimo Dario Di Vico, riconosciuto che sono state annunciate altre poste di bilancio che, ciascuna presa a sé, «pesa poco e alcune avranno un effetto quasi simbolico», conclude il suo editoriale: «Per chi giudica oggi resta la sensazione di trovarsi di fronte più a una scommessa che a un coerente e meditato piano di rilancio dell’economia». Il che, francamente, se non vuole esserlo, è comunque un giudizio molto vicino alla bocciatura.

D’altra parte, pur nutrendo non totale fiducia nei sondaggisti che (purtroppo) rispondono ad un interesse politico, e non ad una corretta interpretazione dei numeri forniti dagli interpellati, è da osservare con enorme preoccupazione un elemento di cui i politici non amano parlare: le intenzioni di non voto o di votare scheda bianca o addirittura di annullare la scheda elettorale. Per la prima volta, una società seria e credibile come Datamedia Ricerche, segnala che il numero di elettori indecisi, delle schede bianche e delle nulle è ora pari al 51,9 per cento degli elettori: una previsione mai in precedenza giunta a tale livello di disaffezione o di dissociazione politica, malgrado la presenza in campo di estremisti come i grillini e gli adoratori del rivoluzionarismo del greco Tsipras, che riescono a convogliare i protestatari d’ogni risma verso le urne.

Attenzione: l’ulteriore distacco di quella che appare come la maggioranza degli italiani non diserta le urne perché chiamati a eleggere deputati europei e non nazionali; ma perché non considera i politici italiani, in qualunque lista si siano candidati, capaci di interpretare gli interessi reali del paese. Sicché i votanti convinti si restringono sempre più a circoli ristretti, tutti di minoranza. Siamo, dunque, messi non male, ma malissimo.


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