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I governi di combattimento di Hollande e Bersani

Assumendosi tutta la responsabilità politica della pesante sconfitta socialista nelle elezioni amministrative, il capo di una repubblica presidenziale come la francese s’è prontamente impegnato a ghigliottinare il primo ministro, vero e unico espiatore degli errori di una sinistra pasticciona quanto supponente. Ma ciò che appare quanto meno sorprendente è la definizione che François Hollande ha dato del nuovo esecutivo, battezzandolo come governo di cambattimento. Contro chi? Contro gli elettori che, stufi delle discordie permanenti della sinistra, hanno, nell’ordine, preferito suffragare gli azzurri, cioè i centristi e, in secondo luogo, l’estremismo lepenista? O avverso le istituzioni locali, che hanno copiosamente abbandonato il partito del presidente e meritano una punizione?

L’espressione governo di combattimento è sicuramente un inedito per la Francia democratica e riecheggia, alla lontana, l’assemblearismo giacobino, che affidava alla folla e alla sete di sangue delle tricoteurs il destino dei regnanti e dei girondini moderati. Però quella espressione ha un precedente in Europa: fu coniata, un anno fa, da Pier Luigi Bersani, segretario del Pd, che, dato dai sondaggi come presidente del consiglio sicuro, e avendo invece lasciato sul campo oltre tre milioni di elettori a beneficio dei grillini, s’intestardì nel pretendere di insediarsi comunque a Palazzo Chigi, non riuscendo neppure a tenere unito il suo partito per eleggere un capo dello Stato amico, che gli affidasse l’incarico di primo ministro.

Governo di combattimento, dal punto di vista democratico, è definizione poco felice e neppure molto fortunata. Però è singolare che vi abbiano fatto ricorso due personalità, l’italiana e la francese, entrambe di sinistra che, pretendendo troppo da sé, ma non cogliendo – né in anticipo, né nei giorni del ballottaggio – il senso dell’umore popolare, hanno tutt’e due ceduto alla mitologia di una sinistra antropologicamente diversa da tutte le altre formazioni politiche, andando incontro ad una sconfitta certa. Perché in Italia, come in Francia, il vento del socialismo non c’è più, e da lungo tempo. Anche se poi sono le disaggregazioni centriste e le beghe dispettose tra la forze antagoniste, ad alimentarlo artificiosamente.



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