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Il mio contributo per The Pirelli Post: La figura di Riccardo Gualino

“Di media statura, magro, pallido come l’avorio, i capelli tirati lisci sul cranio, l’occhio freddo, le labbra sottili e fisse in sorriso di cortesia. L’unico atto che tradisse la sua relativa giovinezza, nonché la certissima interna energia, era l’estrema mobilità del capo” – Le due città – Mario Soldati

Roma 1 Ottobre 1930, Benito Mussolini tiene un discorso al Consiglio Nazionale delle Corporazioni. L’onda della crisi americana del 29’ inizia a far sentire i suoi effetti in Europa ed anche in Italia. Il populismo fascista di Mussolini non risparmia nessuno e stigmatizza anche quelle poche forze nuove.

[…] il governo fascista non è insensibile o estraneo come l’antifascismo vociferatore va insinuando all’attuale situazione. […] Veri Cagliostro del mondo economico, complicano tutto ciò con le innumerevoli società a catena che sono altre facce dello stesso prisma con Consigli di Amministrazione che essendo composti da semplici piantoni non amministrano e non consigliano; con bilanci allegri, con dividendi inventati. Uomini più che intraprendenti, temerari; acrobati dell’industria e della finanza, supremamente e disinvoltamente enciclopedici nelle iniziative; la loro gamma va dal cemento alla cioccolata; dal più pesante come il piombo al più leggero come la seta artificiale.

Le frasi sopra riportate si possono cucire, senza troppe ricerche bibliografiche, proprio sulla persona di Riccardo Gualino, imprenditore e finanziere che operò nel Piemonte principalmente, ed in Europa, più in generale, nella prima metà del 900’. L’aspetto più noto di Riccardo Gualino è proprio quello di essere poco noto ai più. Per chi vive a Torino la testimonianza più evidente della presenza e dell’opera di Gualino è la villa omonima che l’imprenditore fece costruire intorno alla fine degli anni 30’ sulla collina torinese, prima che Mussolini lo mandasse al confino a Lipari.
(La villa, che doveva essere un’abitazione di Gualino, è oggi sede permanente di prestigiose istituzioni, attive in settori avanzati della ricerca scientifica e della formazione, quali l’analisi e il controllo dei sistemi complessi, lo studio di materiali innovativi, le biotecnologie, le scienze astrofisiche e spaziali e le dinamiche di base nei meccanismi di produzione della ricchezza).

Liberista in economia Gualino, biellese, nato a due passi dal distretto canavesano di Olivetti, nasce all’interno di una famiglia numerosa dove il padre è titolare di una piccola fabbrica orafa.
Mentre Adriano Olivetti, imprenditore, amministratore e intellettuale, contemporaneo di Gualino, si faceva promotore di un modello di sviluppo che poteva attuarsi solo attraverso l’integrazione e la stretta sinergia tra le istanze poste dal sistema capitalistico e le relazioni che questo riusciva ad intrattenere con il territorio in cui si radicava, Gualino rappresenta il prototipo dell’industriale moderno, dove l’aggettivo va inteso come cifra meramente cronologica. Gualino è industriale e finanziere al tempo stesso, più elitario ed oligarchico, meno utopista e socialmente impegnato di quanto fu Olivetti.
Tuttavia alcuni aspetti della vita imprenditoriale di Gualino, alcune sue contraddizioni, molte delle sue intuizioni in ambito finanziario sono da considerarsi patrimonio della storia economica di questo paese e forse, ancora più importanti per noi oggi, dato l’attuale ciclo economico che stiamo vivendo.
Gualino è moderno quando cerca e chiede all’embrionale sistema bancario Italiano, reso rigido dal ventennio fascista, un sistema diviso tra un caleiodoscopio di piccole banche regionali di piccolissima dimensione da una parte e gruppi enormi dall’altra, di riformarsi e di svincolarsi dall’egida statale e di poter assistere compiutamente le scelte e le visioni degli imprenditori, di quelle forze fresche di cui il paese aveva bisogno, le uniche che avrebbero potuto portare vento di innovazione nel paese.
Gualino è moderno quando chiede strada al governo di Roma, chiede spazio e privilegi e non tollera regole, lacci e lacciuoli. E’ grazie alle istanze pressanti poste da visionari come lui, anche se talvolta senza scrupoli, anche se in alcune circostanze muovendosi su sentieri irti e pericolosi, anche se a volte dilapidando ingenti risorse, che il paese ha potuto ammodernarsi. Ad esempio celebre fu la stizzita polemica innescata dell’imprenditore piemontese nei confronti della politica del governo di allora, che a causa di una burocrazia borbonica e di numerosi intoppi legati al cambio lira verso altre monete straniere, ostacolava le esportazioni dei prodotti della Rumianca, una delle sue più importanti aziende.
La contropartita che l’imprenditore offre alla comunità in cui opera è chiara: all’interno dell’alveo di un capitalismo di stampo anglosassone, l’unico sistema economico che possa realizzare, a suo avviso, il maggior benessere diffuso, quello che dovrebbe anche essere il fine ultimo di qualunque programma di governo, l’imprenditore porta le sue innovazioni organizzative, finanziarie e tecnologiche. La sua attività imprenditoriale spazia dal commercio di legnami estratti nelle tenute da lui acquistate nell’Est Europeo all’attività mercantile negli anni della prima Guerra Mondiale, dalle fabbriche di filati della SNIA Viscosa agli interessi nell’edilizia con la Unione Cementi Italiani di cui è presidente. Nel 20’ è con Giovanni Agnelli quando la Fiat subisce il tentativo di acquisizione ostile da parte dei F.lli Perrone di Genova, i signori della siderurgia dell’Ansaldo. Muovendosi nel lecito e talvolta nell’illecito, Gualino contribuisce, con un intuito finanziario cinico ma raffinato, a far sì che il pacchetto di controllo di Fiat rimanesse per metà nelle mani degli Agnelli e per metà proprio nelle sue. Acquista la FIP (Fabbrica Italiana Pianoforti), commercializza prodotti per la toletta e la cura del corpo, lancia il cioccolato come alimento e non come prodotto di lusso acquisendo e rilanciando la Talmone. Alcune delle sue intuizioni imprenditoriali sono da manuale di economia e management. Pensa al “cioccolato per tutti” decenni prima della Ferrero, guarda all’est europeo cento anni prima degli altri.
La sua intraprendenza non conosce né soste né ostacoli, il suo animo è sempre positivo, il tempo trascorso al confino a Lipari lo dedica alla stesura di svariati libri!

Al ritorno dall’esilio di Lipari, Gualino è carico di ottimismo e di nuove idee, come un panzer si butta a capo fitto in una nuova impresa. Intravede, con il fiuto del visionario, una importante opportunità di business nella chimica ed in particolare nell’estrazione e raffinazione delle piriti arseniose. La produzione dell’arsenico stava quasi per scomparire dal nostro Paese, Gualino non si risparmia né dal punto di vista personale né dal punto di vista finanziario: “la voce Stabilimenti, impianti, terreni, brevetti dello stato patrimoniale della Rumianca schizza alle stelle!”
Arrivano anche i risultati. La pirite arseniosa è un minerale dal quale si può estrarre, tra gli altri, l’anidride arseniosa. Sarà il prodotto di punta della Rumianca. Questa era molto richiesta in ambito militare, per via della possibilità di ottenere un derivato l’iprite, un noto gas tossico.
In ambito civile, la Rumianca produsse un opportuno segmento di prodotti per l’agricoltura, in particolare antiparassitari, peraltro molto richiesti in quella fase in cui c’era urgenza e necessità di bonifiche.
Quello che differenzia Gualino dagli altri imprenditori è il contributo propulsivo che egli è in grado di fornire allo svecchiamento del sistema creditizio Italiano. Dopo aver partecipato a vari tentativi di scalata del Credito Italiano assieme con Giovanni Agnelli nel ’20, Gualino acquisisce la BAI (Banca Agricola Italiana). Così come per tutte le altre attività, anche quella della BAI è vissuta da Gualino con energia positiva, determinazione e visione. Da cassaforte di contadini, la BAI diventa un attore nel mercato del credito e soprattutto della raccolta. I manager della BAI giocano la loro partita in un mercato aperto cercando ed ottenendo i risultati e la loro fortuna attraverso l’autorevolezza della professionalità. Molti di questi, quando nel ’31 nascerà l’embrione di quello che diventerà l’Istituto di Credito San Paolo di Torino, confluiranno proprio nel San Paolo apportando quello spirito manageriale ancora scarsamente diffuso nel settore bancario Italiano. Un sistema legato ancora a forme di scambi feudali ed a procedure iper-burocratizzate come il pegno e il credito fondiario.
Gualino non fu “anche” mecenate, fu un tutt’uno, il suo eclettismo gli permetteva di svolgere contestualmente l’attività di imprenditore e quella di appassionato delle arti. Appassionato di musica, amico di Gatti, grande musicologo torinese di fama internazionale, presidente della FIP (Fabbrica Italiana Pianoforti) che aveva rilevato quando versava in condizioni di totale dissesto finanziario, promotore di circoli artistici, teatrali e pittorici. Fa costruire un teatro in cui si stabilisce una compagnia di ottimi artisti dell’epoca, sollecita e finanzia Casorati per formare una scuola di giovani pittori che si raccolgono in via Galliari a Torino a due passi dalla abitazione di Gualino stesso.
La sua casa diventa il salotto nel quale gravitano i più vivaci intellettuali dell’epoca, Lalla Romano, Mario Soldati, Carlo Levi. Al rientro in patria dopo la seconda guerra mondiale Gualino intravede opportunità di business nel settore cinematografico. Fonda la Lux, azienda per la produzione di film che diventerà la casa editrice del neo realismo Italiano.
Senz’altro Gualino, in alcuni momenti della sua vita di finanziare, può essere assimilato a figure come Skilling della Enron per i suoi equilibrismi finanziari e la portata di alcuni fallimenti. Tuttavia, come dice Claudio Bermond, docente di Storia economica presso l’Università di Torino: “il suo dinamismo spregiudicato in campo finanziario, se da un lato condusse allo sperpero di ingenti risorse pubbliche e private con superficiale leggerezza, dall’altro contribuì a vivacizzare il mercato nazionale dei capitali, indicando talvolta agli investitori nuove prospettive di impiego”.
L’altro aspetto che si evince, da una panoramica necessariamente parziale, vista la mole di attività svolte dall’eclettico Biellese, è la sua raffinata sensibilità nell’accogliere gli afflati dell’aura gobettiana di quegli anni e del suo intento di farsi promotore di un modello di sviluppo e di ammodernamento del paese antitetico a quello di stampo fordista impresso dalla Fiat. Uno sviluppo di stampo liberale che spazzasse via definitivamente la naftalina di quella cultura aristocratica e di maniera che, ahimè, sembra ancora conservare bizzarre roccaforti nel nostro paese.

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