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Il futuro dell’Europa passa dal rapporto fra politica e burocrazia

Europa e Italia sono ad un passaggio obbligato: i prossimi mesi saranno decisivi per il futuro del continente, e non appena per la situazione di perdurante instabilità economica. All’orizzonte si agitano le elezioni europee di Maggio, il luogo dove tanti dei nostri problemi possono essere messi a tema seriamente.

Le dinamiche che si agitano intorno al continente europeo fanno presagire una situazione geopolitica difficile in diverse aree di confine: la rinnovata centralità della Russia, le primavere arabe, il defilarsi degli Stati Uniti d’America e il progressivo espandersi dell’influenza cinese sul continente africano sono in realtà, più che le cause, i sintomi del malessere dell’Europa senza leadership. L’assenza di una strategia politica chiara fa si che i grandi attori internazionali che ci circondano si muovano per coprire gli spazi lasciati aperti dalla nostra indecisione e dalla mancanza di coordinazione.

Bisogna però ammettere che l’apparato istituzionale di Bruxelles funziona abbastanza bene: la media della produzione legislativa (che attraversa in molti casi un processo di formazione più complesso di quello nazionale) è di due anni, la Corte di Giustizia soddisfa le domande delle Corti nazionali in un paio d’anni, ed i funzionari di Parlamento, Consiglio e Commissione sono mediamente più efficienti di quelli presenti in molti stati dell’Unione.  Il reclutamento del personale dell’Unione Europea, per cui non solo delle istituzioni centrali ma anche di tutti gli altri uffici, agenzie ed autorità dislocate sui 28 paesi membri, avviene attraverso l’EPSO (European Personnel Selection Office). Questo ufficio ha un ruolo chiave nel mantenimento del buon funzionamento delle istituzioni: si occupa di selezionare i migliori giovani laureati in tutte le discipline, in base alle esigenze dell’ente che recluta, attraverso procedure molto severe ed articolate su più fasi. La conoscenza delle lingue (più di una, di solito inglese e francese) ed un background accademico di primissimo ordine sono un requisito irrinunciabile per intraprendere una carriera all’ombra dei palazzi di vetro di Bruxelles. Si aggiunga a questo che la remunerazione base è molto interessante, che non è soggetta a tassazione negli stati nazionali, e che spesso sono previsti sussidi per sostenere le spese di ricerca della casa e dell’educazione dei figli. Di conseguenza, buona parte delle future élite nazionali, cioè coloro che sarebbero stati in condizioni normali assorbiti nei ranghi della magistratura, della diplomazia o dell’università (ma anche nelle banche centrali ed in tanti altri enti), viene trasportata a livello europeo, dove contribuisce ad alimentare la crescita di una fortissima burocrazia transnazionale.

Di per sé, è non solo doveroso, ma anche auspicabile, che nei gangli vitali dell’Europa vi siano i migliori. Ma questo genera due ordini di problemi: innanzitutto, gli stati non hanno ancora correttamente percepito questo assorbimento delle elites nazionali da parte delle istituzioni europee. Questo significa che non si sono posizionati in un ottica di concorrenza per tentare di attrarre (per esempio adeguando gli stipendi e provvedendo con sistemi più trasparenti di reclutamento) i giovani che giustamente inseguono il sogno di un impiego in Europa. E questo nel tempo genererà un allargamento del gap in termini di efficienza, capacità organizzativa e di reazione agli stimoli esterni fra le amministrazioni nazionali e quella dell’Unione (ma questo si può percepire già ora, dato l’alto numero di procedure di infrazione che vanno a buon fine senza essere contestate nel merito o comunque senza disporre della expertise necessaria ad evitarle). Il secondo problema è il rapporto fra burocrazia e politica. Una amministrazione di altissimo livello è sostanzialmente inutile se non c’è una classe politica quantomeno paragonabile. E’ invece abbastanza comune che gli stati membri mandino presso le istituzioni le seconde linee dei partiti nazionali. Di conseguenza,  politici che spesso nei loro paesi di origine non sono nemmeno abituati ad avere a che fare con la complessità della burocrazia governativa, diventano incapaci di incidere sui processi decisionali di una burocrazia raffinata e molto istruita come quella europea. Per fare un paragone, è come se in un organismo vivente vi fossero in perfetto equilibrio agenti patogeni ed un sistema immunitario iperefficiente. Se però per cause esterne gli agenti patogeni (la politica, di fatto, ha questo ruolo di innesco nei confronti dell’apparato) venissero meno, il sistema immunitario finirebbe per accanirsi contro lo stesso organismo, mettendolo in seria difficoltà. Ed è quello che succede, perché i funzionari europei, guidati da politici miopi, tendono ad occuparsi di temi relativamente meno importanti di quelli economici e politici che sono all’ordine del giorno in gran parte degli stati.

E’ per questo che è davvero importante andare a votare alle prossime elezioni europee, e scegliere i candidati migliori (si possono esprimere sino a tre preferenze) fra quelli proposti da ogni partito nella circoscrizione di appartenenza. Il futuro dell’Europa passa da questa selezione, perché se finalmente una generazione di politici all’altezza prendesse il timone della macchina europea, allora potrebbe sfruttarne appieno il potenziale, con tutti i vantaggi economici, politici e culturali che ne conseguirebbero.


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