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Lo sapete che il nuovo made in Italy preferisce il mercato Aim?

C’è un pattuglia di società piccole, non sempre conosciute, che rappresentano il nuovo made in Italy. Non solo e non tanto quello a cui siamo abituati a mettere sotto questa etichetta, ovvero moda, bellezza e buon cibo. Business innovativi, altamente tecnologici, verdi. Tutti fatti in Italia, da aziende che puntano sulla ricerca, che hanno la dimensione tipica della pmi nostrana. Che operano in nicchie e sono leader spesso mondiali.

L’avanzata dell’innovazione italiana
All’Aim investor day, che si è svolto a Piazza Affari il 3 aprile, queste società si sono svelate lasciando intravvedere un futuro di rinnovate speranze in un Paese per molti altri aspetti moribondo. Tre sono state premiate per l’alta componente di innovazione che hanno portato in dote al listino alternativo dei capitali, ma tutte hanno mostrato di avere le carte per costruire il futuro.

Dal frigo in denim ai software intelligenti
La più famosa – e anche una delle premiate – è senza dubbio Italia Independent Group, che fa capo a Lapo Elkann e che si occupa di occhialeria (per l’80% del fatturato) e lifestyle. La più tradizionale quanto a business, ma che lavora sull’introduzione di elementi di novità assoluta in prodotti che pertengono a un mercato decisamente maturo. Ed ecco all’orizzonte occhiali in velluto, infrangibili, che cambiano colore quando la temperature tocca i 28 gradi, ecco un divanetto a forma di 500 e un frigorifero rivestito di denim trattato al plasma per resistere a macchie e temeperature estreme. Quotata nel giugno 2013, con una raccolta di 15,7 milioni, Italia Independent capitalizza 88 milioni e ha al suo interno anche l’agenzia di comunicazione Independent Ideas.

Più complesso il business in cui opera Expert System, guidata dall’ad Stefano Spaggiari e quotata a febbraio 2014 con una raccolta di 17 milioni. Sistema esperto è la locuzione con cui si indicano i sistemi informatici intelligenti, in grado di replicare il ragionamento umano ed Expert System è leader nello sviluppo di software semantici utilizzati dalle aziende per gestire in modo più efficace le informazioni e ricavarne conoscenza strategica. La società è autrice del correttore ortografico di MS Word, per dirne una. Ma anche di strumenti per le big del petrolio, banche, gruppi farmaceutici oltre che e principali Agenzie statali europee e Usa. “La tecnologia semantica – afferma  Spaggiari –  inizia a diventare preponderante. Nelle ultime settimane abbiamo avuto incontri con Microsoft, Google, Linkedin e Hp”.

L’incubatore di start-up e le aziende verdi
Ultima, ma non ultima, tra le tre più innovative è Digital Magics, in Borsa da luglio 2013, che di mestiere fa il venture incubator, ovvero finanzia start-up innovative digitali. “Il modello Digital Magics – spiega il presidente Enrico Gasperini – si basa sul Digital Magics LAB che fornisce alle start-up innovative servizi di mentorship, finanziari, amministrativi, strategici, logistici, tecnologici e di comunicazione e marketing”. In un mercato che ormai cresce a due cifre, il gruppo ha investito 3,5 milioni e co-fondato 11 nuove start up nell’ultimo anno e intende lanciarne altre cento nei prossimi cinque anni. “Almeno il 50% di quei tre o quattro punti di Pil che guadagneremo nei prossimi anni – continua Gasperini – arriverà grazie alle nostre nuove aziende digitali”.
I business e i percorsi di successo sono a volte davvero sorprendenti. C’è chi si è quotata con il valore di un milione a marzo del 2013 e ora ha a bilancio una commessa di 178 milioni in Sudafrica, per lo sviluppo di energia fotovoltaica, come Enertronica. C’è Greenitaly1, la prima spac nel settore green che, con la quotazione, nel 2013, ha raccolto sul mercato circa 35 milioni. La spac è una formula innovativa per il nostro Paese ma molto in voga nel mondo anglosassone: è una società di scopo che si quota con l’obiettivo di raccogliere capitali per integrare una società target – in questo caso nel settore green ed entro 24 mesi dalla quotazione. “Guardiamo aziende con un equity value dai 100 milioni in su, che siano già in una fase di generazione di cassa. Puntiamo una quota del 25-30% che equivale al flottante – sostiene Sergio Buonanno del cda del fondo – la cosa tipica della spac è che gli investitori hanno più voce in capitolo: se almeno il 30% dei sottoscrittori della spac non approva la scelta del target può recedere e recuperare tutto ciò che ha investito”.

Ancora nel green, c’è anche quella che mira a diventare la Tesla dell’idroelettrico, Frendy Energy, producendo energia idroelettrica tramite lo sfruttamento dei piccoli salti d’acqua. “In un mondo in cui da 50 anni nessuno inventa niente nell’idroelettrico – spiega Rinaldo Denti, ad e presidente di Frendy Energy – noi abbiamo inventato una turbina sommersa a magneti permanenti dotata di inverter, clonata dall’eolico. Che ha consentito rendimenti di almeno dieci punti percentuali in più rispetto ai nostri competitor. Senza considerare le potenzialità del mercato: i canali irrigui sono ovunque e ogni due chilometri hanno un salto di due metri, in Italia ce ne sono 10mila e in svizzera 6500 di questi salti”. Denti si fa portavoce di un nuovo capitalismo, diverso da quello rappresentato da Moleskine e Moncler. “I nostri nomad volevano quotarci a 2 euro – racconta –  io ho detto di no e ho scelto un prezzo d’Ipo a un euro, poi c’è un cambio di passo e si cresce e si va anche via dall’Aim per approdare sul listino principale”.

Molto green anche il business di Ki Group, leader nella distribuzione di prodotti biologici che ha recentemente rilevato il marchio Almaverde. “Abbiamo un unico concorrente che è Naturasì. L’Italia è – ha spiegato il suo ad Aurelio Matrone – il primo produttore in Europa in prodotti bio anche se il consumo pro-capite, rispetto al resto dei Paesi europei è molto basso: 28 euro a testa contro i 70 della Germania. C’è spazio per crescere”. L’Italia è tutt’altro che morta.

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