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Ilva, Porto Tolle, Vado Ligure. Quando l’industria in Italia non s’ha da fare (bene)

L’ambiente e l’industria. In Italia, difficile si tratti di un binomio. Si arriva così a spegnere centrali elettriche, alcune storiche, sparse per il Paese, o a chiudere e a mettere i sigilli a grandi stabilimenti. Ilva di Taranto, centrale Enel di Porto Tolle, centrale Tirreno Power di Vado Ligure. Le ultime storie e forse le più conosciute che, in un modo o nell’altro, si rifanno a questa linea.

L’ANALISI DEL SOLE

Per i giudici il prezzo lo pagano i cittadini, con la salute. Ma come si fa a non essere d’accordo con le conclusioni cui arriva Jacopo Giliberto: “In altre parole – ha scritto Giliberto sul Sole 24 Ore – la centrale di Vado Ligure inquina – e questo è purtroppo incontestabile – ma secondo le osservazioni dei periti dell’accusa la centrale inquina l’aria tra le 40 e le 150 volte meno di quanto impongano le leggi”.

LA RICOSTRUZIONE DEL FOGLIO

Alberto Brambilla su Il Foglio, analizzando quelle che chiama “acrobazie di giudici ambientalisti”, afferma come in questo modo si intacchino “sempre di più gli interessi di nevralgici siti produttivi dell’industria pesante nazionale e di impianti energetici importanti, oltre che l’onorabilità dei loro amministratori”. Infatti, Scaroni – scrive il giornalista del quotidiano diretto da Giuliano Ferrara – sarebbe stato condannato “per un pericolo (non per un fatto)”.

GLI INTERROGATIVI

Insomma, viene da chiedersi come riuscire a conciliare la vita di un’industria in un Paese che le industrie le fa chiudere perché dannose per la salute. E se chi le guida, dall’amministratore delegato ad alti dirigenti, è esposto al pericolo (concreto, visto i casi in questione) di una condanna per disastro ambientale, continuerà a voler mettere a rischio il proprio operato.

IL NODO

Quando si sente dire – ormai con molto facilità – che ambiente-salute-lavoro vanno a braccetto, bisognerebbe chiedersi almeno l’ordine di successione. Ma vediamo il quadro attuale, che non lascia spazio se non a piani ed intese per cercare di rimettere in piedi quello che all’improvviso è crollato sotto i colpi delle procure “sanitarie”.

QUI ILVA

La situazione è che per l’Ilva di Taranto bisognerà aspettare 36 mesi per capire se e come l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) sarà applicata. Enrico Bondi, il commissario straordinario, dovrà anche presentare un Piano industriale. Edo Ronchi, sub commissario, sarà lì a analizzare il procedimento dei lavori di adeguamento tecnologico ed ambientale degli impianti.

QUI PORTO TOLLE

Per Porto Tolle il ministero dell’Ambiente ha assegnato ad Enel un termine di quattro mesi per produrre la documentazione integrativa necessaria a riavviare il procedimento sulla conversione a carbone della centrale termoelettrica ad olio combustibile.

QUI VADO LIGURE

A Vado Ligure l’azienda predisporrà ed invierà al ministero dell’Ambiente ed alle altre istituzioni competenti un Piano ad hoc per mettere a punto una serie di interventi che garantiscano una riduzione dei limiti delle emissioni rispetto a quelli previsti dall’Aia in vigore. Un Piano industriale dovrebbe invece arrivare per aprile; e secondo il presidente di Gdf Suez Italia, Giuseppe Gatti, si assumerà ”il blocco della centrale di Vado Ligure come superato”.

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