Abbiamo incontrato per i lettori di Formiche Stefano Righi, giornalista del Corriere della Sera, autore assieme ad Andrea Colombo de “La città illuminata. L’intuizione di Giuseppe Colombo, la Edison e l’elettrificazione dell’Italia”.
Righi ci racconta di una Milano che alla fine dell’Ottocento getta i semi di quello sviluppo industriale e tecnologico che ne farà prima la capitale economica d’Italia e poi una delle città di riferimento in Europa.
Un appassionato racconto sulla capacità visionaria dell’ingegner Giuseppe Colombo, artefice dell’elettrificazione della città, e della società Edison, da lui voluta, che diverrà lo strumento grazie al quale l’intuizione di Colombo diverrà realtà.
Il libro si arricchisce poi di una parte documentale e di un’ampia selezione fotografica, resa possibile anche grazie all’archivio Edison.
La Milano ritratta nel tuo libro è una città che guarda al futuro, anzi lo anticipa. L’utilizzo della corrente elettrica, che nel giro di poco tempo alimenta l’illuminazione pubblica di Milano alla fine dell’Ottocento, è anche una metafora della voglia di futuro di questa città.
Si prova quasi invidia di quella vitalità di allora. Cosa manca secondo te all’Italia di oggi per tornare a progettare il suo futuro?
Nella Milano della seconda metà dell’Ottocento c’era molta voglia di crescere, di migliorare la condizione sociale e personale. In questi 130 anni passati dall’inizio del racconto, Milano e l’Italia sono ovviamente cambiate molto. Soprattutto sono entrambe molto più ricche, anche dopo questi anni di crisi. Oggi appariamo disillusi, non crediamo più a nulla, non pensiamo sia possibile un futuro migliore o anche solo diverso dalla nostra quotidianità. Ne abbiamo viste troppe e manca un ideale comune, capace di spingerci oltre l’orizzonte ristretto del giorno, della settimana, del mese. Viviamo a breve.
Il libro ci racconta anche la storia del professor Giuseppe Colombo, ingegnere e punto di riferimento dell’allora nascente Politecnico di Milano. Secondo te oggi l’Italia di cosa ha più bisogno di grandi visionari in grado di guardare lontano, oppure più semplicemente di una classe dirigente matura e all’altezza del ruolo? Oppure di entrambi?
Certamente di entrambi, ci serve un progetto e chi lo metta in pratica. In verità, negli ultimi vent’anni un grande progetto unificante c’è stato ed è l’Unione europea. Ma da un lato è cresciuto troppo in fretta, nel numero dei membri, dall’altro non ha avuto norme adeguate alla crescita e non è stato condiviso con la popolazione, che sempre più spesso mostra insofferenza. Eppure, l’idea dell’Europa dei popoli è meravigliosa. Invece si manda avanti ancora l’economia, anzi, le banche e la loro uniformazione. Mentre dal punto di vista industriale, la rivoluzione digitale è solo agli inizi. Siamo fiduciosi, è un mondo tutto da costruire, con grandi opportunità.
La società Edison, nata su impulso di Colombo e con l’obiettivo di procedere alla elettrificazione della città di Milano, si aprì da subito a soci stranieri. Quella della Edison fu una storia di lungimiranza anche finanziaria oltreché industriale?
Non si può disgiungere la prima industrializzazione dell’Italia dall’importanza dell’apporto dei capitali stranieri e soprattutto mitteleuropei. Quella non fu una scelta, fu l’unica opportunità. In Edison, invece, rileva un altro aspetto, la capacità di Giuseppe Colombo di prevedere i tempi. Colombo all’epoca andò a Parigi e a New York, conobbe Thomas Alva Edison, ottenne l’uso del nome dell’inventore per l’azienda che voleva fondare e comperò quelle macchine che portarono alla creazione della prima centrale a carbone d’Italia. La installò a fianco del Duomo di Milano e stupì Milano e l’Italia andando a illuminare l’interno del Teatro alla Scala.
Le pagine del tuo libro raccontano di una Milano nel pieno della Belle Epoque animata dal desiderio di modernità mentre la scienza, la tecnologia e l’industria ne sono i punti di riferimento. Una città che sfidando la pioggia e il freddo si riunisce la sera del 18 febbraio 1877 in Piazza Duomo per vedere il miracolo del primo faro elettrico illuminare la cattedrale.
Oggi non c’è più un consenso così unanime attorno all’idea di modernità. Nel dibattito pubblico, e non da oggi, si coglie quasi un senso di disillusione, di promessa tradita, rispetto alla modernità. Come ci si può riconciliare con l’idea di modernità secondo te?
Non è facile, viviamo un’epoca di contraddizioni. Godiamo di un treno che in tre ore unisce Roma con Milano, ma poi fatichiamo a giustificarne i costi. Abbiamo perso la capacità di meravigliarci. La stazione interrata dell’Alta Velocità a Bologna è un’opera straordinaria. Come il percorso quasi interamente in galleria tra Bologna e Firenze. Ma conosciamo la natura dai documentari in tv, quando nell’Ottocento in un paese contadino qual era l’Italia era chiara la differenza tra gli uomini e gli animali, anzi le bestie. Poi è arrivato il benessere e Walt Disney ha antropomorfizzato il regno animale. Così oggi fatichiamo a distinguere la realtà dalla finzione. Vale tutto.
Sempre a proposito di modernità, nel libro si racconta della centrale elettrica di Milano realizzata addirittura in via Santa Radegonda, a pochi metri dal Duomo. Oggi una cosa del genere sarebbe impensabile. Al netto ovviamente delle norme di sicurezza, è cambiato secondo te anche il rapporto che abbiamo con l’industria? Ce ne serviamo ma pare quasi che non la vogliamo vedere.
Si è creato anche un acronimo, no? Nimby! Not in my back yard, ovvero, Non nel mio giardino. Che ci sta ed è comprensibile voler vivere in una zona piacevole e non inquinata. L’industria non la vogliamo vedere, in compenso abbiamo riempito il nostro territorio di zone industriali, di file di capannoni oggi svuotati dalla crisi. Quasi che cento piccole industrie fossero più sopportabili di una grande industria. In Italia da trent’anni non esiste una politica industriale, l’abbiamo rigettata, dimenticata, scordando a nostra volta che non esiste modo, diverso dall’industria, per assicurare lavoro a una grande massa di persone.
La città illuminata. L’intuizione di Giuseppe Colombo, la Edison e l’elettrificazione dell’Italia.
Stefano Righi – Andrea Colombo
Rizzoli
Pagine 320
Euro 20
Stefano Righi (Padova, 1962) è giornalista e saggista. Lavora per il Corriere della Sera, trattando temi di economia e finanza. Ha pubblicato Reazione Chimica (Guerini, 2011); Dieci anni con l’euro in tasca – Intervista a Romano Prodi e Jacques Delors (Aliberti, 2011) e Palloni bucati (GoWare, 2012).