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La religione della libertà di Giovanni Paolo II

Su Giovanni Paolo II si sono versati fiumi d’inchiostro. Alla vigilia della sua canonizzazione, sia consentito di aggiungerne una goccia “ex partibus infidelium”. Dall’enciclica “Veritatis splendor” al discorso pronunciato davanti alle Camere riunite (novembre 2002), papa Wojtyla ha costantemente denunciato il carattere rischioso dell’alleanza tra democrazia e relativismo etico.

Questa denuncia, ripresa con forza da Benedetto XVI, è stata letta da molti laici come la prova di una irriducibile incomunicabilità tra pensiero democratico e pensiero religioso. Sembra infatti difficile negare che democrazia e relativismo etico siano tutt’uno. La democrazia è relativismo. In democrazia, i valori sono per definizione relativi. Possono sembre cambiare, poiché sono il risultato dell’esperienza storica e non di una rivelazione divina. Col che, il dialogo parrebbe finito prima di cominciare.

Tuttavia, forse le cose sono un po’ più complicate. Proprio nel suo intervento senza precedenti a Montecitorio, il pontefice polacco sostenne che “non viviamo in un mondo irrazionale o privo di senso, ma che, al contrario, vi è una logica morale che illumina l’esistenza umana e rende possibile il dialogo tra gli uomini e i popoli”. Sulla necessità di fare riferimento a questo comune orizzonte di senso, allora vi fu un largo accordo tra tutti i politici italiani. È durato lo spazio di un mattino.

I deputati e i senatori che oggi siedono sugli scranni parlamentari sono in larga parte nuovi. Chissà se conoscono quel messaggio lasciatoci da un sommo interprete del cristianesimo come religione della libertà umana. Se poi qualcuno di loro volesse osservare che su questa religione della libertà si allungano delle ombre che la limitano pesantemente, si può rispondere che è vero.

Ciò nulla toglie, però, all’importanza che essa riveste per quei non credenti – ai quali appartengo – delusi da una discussione pubblica in cui i mezzi diventano fini, o in cui i fini vengono asserviti ai mezzi. Una eterogenesi in cui si consuma il trionfo del culto della ricchezza e del successo, dell’egoismo individuale e dell’affarismo sfrenato. A ben vedere, proprio per questo domenica non potrebbe esserci un papa più adatto di Francesco sul sagrato di San Pietro.


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