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La selezione in RAI: cronaca di un concorso mancato, per i pubblicisti

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Fonte: www.forexinfo.it

Sono una giornalista iscritta all’albo dei giornalisti del Lazio, elenco pubblicisti.  La premessa è doverosa in un contesto in cui le diciture, terminologie e burocrazie varie sono fondamentali.

La pietra dello scandalo è la selezione in RAI che scade proprio oggi, impropriamente definita concorso, poiché, essendo la suddetta società partecipata, risulterebbe avere il pieno diritto di far regole proprie escludendo un intero elenco di giornalisti dalla selezione appena citata.

Ho letto di questo concorso tramite i giornali e, come altrettanti colleghi, sono andata all’assemblea dell’ODG del Lazio del marzo 2014. Quale luogo migliore per chiedere spiegazioni sulla questione che non il consesso con Presidente, tesoriere e tutti gli altri colleghi? La premessa non aveva tenuto da conto che, nonostante l’ordine del giorno riguardasse l’approvazione di bilanci, il tema che avrebbe scaldato gli animi sarebbe stato quello della formazione obbligatoria, tutt’oggi dibattuto.

Riassumendo brevemente dunque, all’intero albo dei giornalisti, professionisti e pubblicisti, è adesso richiesta la formazione obbligatoria, ma, per una selezione professionale vengono attuati dei distinguo. Quindi ad un dovere corrisponde la mancanza di un diritto.

Tuttavia, procedendo con ordine, appunto, il giorno dell’Assemblea ho ottenuto, a domanda diretta, una risposta in merito alla selezione RAI dal Presidente dell’Ordine Nazionale dei giornalisti, Enzo Jacopino, ovvero consultare il blog di Franco Abruzzo:

2. Cassazione: “I pubblicisti svolgono l’attività giornalistica non come professione”.

In merito agli effetti dell’iscrizione all’albo dei giornalisti, elenco dei pubblicisti, va disattesa l’istanza di rimessione della relativa questione alle Sezioni unite della Corte; è, infatti, principio univoco quello della nullità del contratto di lavoro subordinato stipulato dal giornalista pubblicista per la prestazione in via esclusiva dell’attività di redattore, stante la violazione dell’art. 45 della legge 3 febbraio 1963, n. 69, che proibisce l’esercizio della “professione” di giornalista a chi sia privo iscrizione nell’albo professionale. Tale iscrizione non può che riferirsi all’elenco dei giornalisti professionisti, a nulla rilevando, quindi, il diverso inserimento nel suddetto elenco dei “pubblicisti”, i quali svolgono l’attività giornalistica non come professione, cioè senza essere caratterizzati nel mercato del lavoro da un determinato status. (Cass. civ. Sez. lavoro Sent., 12-11-2007, n. 23472; Il Messaggero S.p.A. c. D.F.M.).

3.Cassazione civile: per l’esercizio del lavoro giornalistico di redattore ordinario, è necessaria l’iscrizione nell’albo dei giornalisti professionisti. Non è idonea ad integrare detto requisito la iscrizione nel diverso albo dei giornalisti pubblicisti. “La giurisprudenza di questa Corte è consolidata nel senso che per l’esercizio del lavoro giornalistico di redattore ordinario, cioè del giornalista professionista stabilmente inserito nell’ambito di una organizzazione editoriale o radiotelevisiva, con attività caratterizzata da autonomia della prestazione, non limitata alla mera trasmissione di notizie, ma estesa alla elaborazione, analisi e valutazione delle stesse, è necessaria l’iscrizione nell’albo dei giornalisti professionisti, e che non è idonea ad integrare detto requisito la iscrizione nel diverso albo dei giornalisti pubblicisti”. (Cass. civ. Sez. lavoro, 05-04-2005, n. 7016; FONTI Mass. Giur. It., 2005; Dir. e Pratica Lav., 2008, 6 All. PL, 297). (Fonte: Franco Abruzzo).

In merito al punto 2. ed in particolare al periodo “nullità del contratto di lavoro subordinato stipulato dal giornalista pubblicista per la prestazione in via esclusiva dell’attività di redattore stante la violazione dell’art. 45 della legge 3 febbraio 1963, n. 69, che proibisce l’esercizio della “professione” di giornalista a chi sia privo iscrizione nell’albo professionale. Tale iscrizione non può che riferirsi all’elenco dei giornalisti professionisti,”  aggiungo, per completezza, il testo stesso dell’articolo 45 in questione (dalla legge costitutiva dell’ordine 3 febbraio 1963 n.69 aggiornata al 26 marzo 2010 n.59): “Capo III. Dell’esercizio della professione di giornalista.

45) Esercizio della professione. Nessuno può assumere il titolo né esercitare la professione di giornalista, se non è iscritto nell’albo professionale. La violazione di tale disposizione è punita norma degli artt. 348 e 498 del cod. pen., ove il fatto non costituisca un reato più grave.”

La definizione si riferisce dunque all’albo professionale, nella sua interezza, costituito da tutti i giornalisti, come premesso nell’articolo 1. della medesima legge “è istituito l’ordine dei giornalisti ad esso appartengono i giornalisti professionisti e pubblicisti iscritti nei rispettivi elenchi dell’albo.”

La differenza principale rimarrebbe perciò nelle modalità di ammissione agli elenchi, dato che, per i professionisti è obbligatorio un esame di stato, mentre per i pubblicisti dipende dalla libera iniziativa dei singoli ordini regionali e non è comunque definito come esame di stato.

Le mie domande finali, dopo tanti dati e leggi, si compongono di un elenco di perché ai quali continuerò strenuamente a cercare delle risposte nella mia carriera professionale:

Perché non essere ammessi ad un concorso quando si appartiene “solo” ad un diverso elenco?Perché un’opportunità professionale ci è preclusa?

Quanta onestà intellettuale c’è nella convinzione che si possa sempre scegliere tra essere pubblicisti o professionisti, e quanto non sia una condizione di reddito, determinante nel poter o meno frequentare una Scuola di giornalismo riconosciuta?

Quanta consapevolezza della realtà professionale c’è nel credere che nelle redazioni, in un’ideale parità di condizioni, tra il “pagare” (le virgolette sono dovute) un futuro pubblicista ed assumere  a salario minimo un futuro professionista i dubbi saranno ben pochi?

Continuerò ad appassionarmi ed a portare avanti con dignità il mio lavoro, anche perché, constato ogni giorno, d’essere in ottima e numerosa compagnia.

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