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Meloni, Storace e Alemanno, così è svanito il sogno di una destra unita

Lo ammetto: sulla possibilità di rimettere assieme la destra italiana, vedendo il vecchio simbolo di An come un possibile catalizzatore di anime e braccia nuovamente unite per una battaglia valoriale, ci avevo scommesso non poco. Era questo, d’altronde, l’obiettivo che mi ero prefisso un anno fa, assumendo la reggenza di Futuro e Libertà, all’indomani della disastrosa prova elettorale che aveva consegnato al paese una destra mai cosí divisa, spezzettata, balcanizzata, ininfluente e sottorappresentata.

Mi ero impegnato nel riportare a destra ciò che restava dell’esperienza di Fli, finita nelle sabbie mobili di un terzopolismo inconcludente, ed avevo individuato nelle prossime elezioni europee un possibile approdo unitario, favorito anche dalla opportunità di correre in solitaria e non in coalizione. Ed ero pronto ad andare fino in fondo, immaginando di tornare ad arare un terreno comune sia con coloro che avevano dato vita al Movimento per l’Alleanza Nazionale, sia con coloro che da An venivano ed avevano avuto minor sfortuna nello scorso appuntamento delle politiche, riportando una pattuglia di parlamentari alla Camera. Ma ho dovuto amaramente ricredermi. Se non fosse bastata la vicenda della Fondazione An, della strumentalizzazione della stessa ad opera di pochi, dell’appropriazione da parte degli stessi pochi di un simbolo che è stato di una comunità di milioni di uomini e donne, anche gli ultimi fatti registrati sul versante della destra mi hanno convinto della attuale impossibilità di ricreare quella casa comune.

Il congresso fondativo di Fratelli d’Italia a Fiuggi (GUARDA LE FOTO) mi è sembrato, in contrasto con la scelta del luogo che evocava l’apertura e l’ampliamento della destra, una partita tutta introflessa ed auoreferenziale, intenta a prendere la strada (o la scorciatoia) dello scimmiottamento di Marine Le Pen. Sarebbe stato utile invece iniziare a costruire – dalle fondamenta – il nuovo contenitore federale da contrapporre al Pd a guida Renzi, non una piccola casa in cui più che porte aperte si vedono barriere d’ingresso. Mi pare di notare, ma mi auguro di sbagliarmi, anche troppi riverberi grillini, in un trionfo di populismo anti euro e di no aprioristici che non offrono alternative allo status quo, quando invece l’obiettivo deve essere quello di un’Europa geopoliticamente unita dall’Atlantico agli Urali. Un vecchio adagio cinese diceva che è meglio accedere una candela che maledire il buio.

Personalmente, memore della nobile tradizione europeista della destra, sento oggi di essere eurocritico, ma non euroscettico o banalmente “no Euro”. E mi pare anche troppo facile ricordare che non si è credibili nel tuonare contro l’Ue e la moneta unica, essendo stati magari ministri quando si firmavano i trattati con Bruxelles che, qualche anno dopo, si definiscono spazzatura.
Quando a destra si compì la svolta (quella vera) di Fiuggi, in campo c’erano due visioni contrapposte ma destinate, anni dopo, a convogliare l’una nell’altra: quella nostalgica e passatista e quella proiettata al futuro.

La grande intuizione di un Msi divenuto An fu quella di aprirsi in toto al nuovo, di immaginare le risposte per le nuove esigenze della modernità liquida che di lì a poco si erano esplicitate all’indomani del crollo del muro di Berlino. Quell’operazione fu un mirabile colpo di biliardo, che attirò esponenti che da quel mondo non provenivano sulla scorta del motto tatarelliano “oltre il Polo”. Proprio Tatarella, spesso citato a sproposito, scrisse più in là parole chiare sull’opportunità di creare una federazione del centrodestra e non il Partito unico. Il Pdl, a differenza di quanto si disse all’atto della sua creazione, non era il suo sogno né il suo orizzonte.
Proprio dal quel Pdl – ci si rifletta – fatto in quel modo e con quel marchio di fabbrica, sono partiti l’impoverimento della destra politica italiana, la sua anestetizzazione e la sua frantumazione.

Ho condiviso di recente con Francesco Storace l’idea di ripartire da An per riunificare la destra. Ecco perché, ad operazione fallita, non posso condividerne la scelta, di questi giorni, di virare decisamente verso Forza Italia, che è addirittura l’involuzione del PDL. L’intento dichiarato è di fare un'”ala destra” riconosciuta nel partito di Berlusconi. Non ci riuscì An che entrava col 12% dei voti… Come finirà chi decide di tornare all’ovile portando con sé un po’ di decimali…? E’ evidente, a mio parere, che nemmeno questa può essere la strada.

Credo che a questo punto sia più utile e più saggio riconoscere che il tentativo di ridare dignità e una casa politica (credibile) alla destra italiana è fino ad oggi fallito. Fermo restando che non ho smania di riposizionamenti, devo constatare che il risultato ottenuto, al netto di analisi, scontri, dibattiti e raduni, appare molto distante da ciò che occorre realmente alla destra italiana: una visione lungimirante, che non si limiti alle elezioni più prossime, ma che investa risorse e competenze per creare un contenitore – multiforme e plurale – che abbia tratti somatici chiari e definiti. Che si ispiri alle radici cristiane dell’Europa, che offra il ramoscello di ulivo a Bruxelles delle riforme strutturali ma pretenda il rispetto della sovranità nazionale, che privatizzi ma senza svendere i gioielli di famiglia, che non sia nemico delle imprese nel rispetto delle leggi, che apra ai giovani nel lavoro senza gli strappi deleteri alla Fornero, che consenta di avviare un’impresa in pochi giorni e non che metta in fuga i capitali stranieri.

E ancora, che offra speranza a chi ha scelto l’emigrazione, che progetti ponti, autostrade e ferrovie, non che ritardi ancora l’alta velocità dalla Val di Susa al nordest proiettato nel cuore dell’Europa, o il raddoppio dei binari al sud e un’evoluzione culturale che tarda a venire nella politica italiana. Per tutte queste voci a cui dare corpo, serve ben altro. E chi sventola la bandiera della nuova destra ha mancato il bersaglio. Lo dico senza malanimo verso alcuno, né con presunzione, che non mi appartiene. Spero ancora ci si possa ritrovare in un cammino comune e vengano tempi migliori, per tutti. Ma, ad oggi, vedo ancora e solo nebbia all’orizzonte…


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