Le difficoltà incontrate dai giovani laureati nell’inserimento nella vita professionale sembrano in parte aver contribuito a demotivare i neodiplomati ad investire ulteriormente in formazione. I dati evidenziano come, pur in un generale contesto di peggioramento della situazione occupazionale, i laureati godano di vantaggi rispetto ai diplomati oltre che nel lungo periodo, anche e soprattutto nelle fasi congiunturali più difficili come quella attuale.
Tra il 2007 e il 2013, durante la recessione, il tasso di disoccupazione per i giovani con la licenza media (in età 15-24 anni) è aumentato di 23 punti percentuali passando dal 22 al 45%. Nel caso dei diplomati in età 18-29 anni, il
tasso di disoccupazione è aumentato di 15 punti percentuali mentre per i laureati si è registrato un aumento molto più contenuto, pari a poco più di 6 punti percentuali.
Ad un anno di distanza dal conseguimento del titolo svolgono un lavoro stabile il 41% dei triennali, il 35% dei magistrali biennali e dei colleghi a ciclo unico. A cinque anni la percentuale arriva al 90% per tutti i tipi di laurea. A livello retributivo la crisi ha portato a un progressivo ridimensionamento dei redditi per i neolaureati. Nel 2012 ad un anno dal conseguimento del titolo universitario, il reddito mensile netto di un giovane neolaureato è sceso sotto i mille euro, evidenziando una flessione del 6% rispetto al 2011 e del 22% rispetto al 2007. Il guadagno medio è sceso infatti da un netto mensile di 1.239 euro nel 2007 a 970 euro nel 2012. A incidere sui livelli retributivi naturalmente sono anche altri fattori, in primis il gruppo disciplinare e la localizzazione geografica. I
redditi ad un anno dei laureati che lavorano al Nord presentano un valore superiore in media del 18% rispetto a quelle di cui beneficiano i residenti nelle regioni meridionali.
L’Italia presenta un ritardo rispetto a molti paesi relativamente alla diffusione tra la popolazione dell’istruzione universitaria, ritardo che oltre ad essere legato alle dinamiche della domanda, passa per un modello di offerta su cui occorre intervenire per stimolare un processo di rilancio verso gli obiettivi europei. La crisi ha penalizzato meno i laureati nella ricerca di un’occupazione. I dati relativi all’istruzione universitaria posizionano l’Italia agli ultimi posti tra i principali paesi Ocse nelle graduatorie relative alla diffusione del diploma di laurea tra la
popolazione, anche nelle fasce di età più giovanili. Prendendo in considerazione la popolazione tra i 15 e i 64 anni in Italia i laureati sono il 14% a fronte di una media Ue del 25%, di valori compresi tra il 25-30% per Germania, Francia e Spagna e del 35% per il Regno Unito. Anche nella fascia d’età 25-34 anni i laureati ammontano solo al
21% della popolazione a fronte di una media Ocse del 38%. Il dato, pari a meno della metà rispetto a quelli francese, statunitense e britannico, colloca l’Italia al penultimo posto tra i 34 Paesi dell’Ocse, davanti solo alla Turchia.
Le difficoltà incontrate dai giovani laureati nell’inserimento nella vita professionale sembrano in parte aver contribuito a demotivare i neodiplomati ad investire ulteriormente in formazione. Alcune indagini hanno evidenziato come un numero crescente di giovani consideri il percorso universitario come un differimento del momento di confronto con il mondo professionale e non nutra particolare fiducia nel titolo universitario come elemento abilitante per un più facile accesso al mondo del lavoro. L’ultima indagine condotta da Almalaurea, evidenzia invece come, pur in un generale contesto di peggioramento della situazione occupazionale i laureati godano di vantaggi rispetto ai diplomati oltre che nel lungo periodo, anche e soprattutto nelle fasi congiunturali più difficili come quella attuale.
Osservando la dinamica del tasso di disoccupazione per titolo di studio e fascia di età è possibile osservare come la crisi economica abbia avuto un impatto più forte sui giovani con livelli di scolarizzazione più bassa.