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Perché le tensioni tra Nato e Russia non finiranno presto

La crisi ucraina è giunta al bivio che qualcuno si aspettava. Oltre alla presenza di migliaia di soldati russi al confine, dalla Nato e da fonti autorevoli americane sono emerse particolari difficoltà nelle attività di intelligence sia in campo russo sia su quello caldo delle regioni a identità russa dell’Ucraina orientale.

Ieri mattina si è assistito alle dichiarazione di un referendum a Donetsk per l’11 di maggio e medesimi segnali sono giunti dalle altre regioni a est. È evidente che né il governo temporaneo di Kiev e né le agenzie occidentali riescono a comprendere o seguire la strategia di Mosca. Le mosse sono imprevedibili o non vi sono capacità tecnico operative che possano contenere o disinnescare l’avanzata popolare filorussa dalla Trasnistria fino alle regioni caucasiche?

La Reuters ha raccolto le opinioni di Fiona Hill, direttore Europa e Usa del Brookings Institute ed ex ufficiale dell’intelligence nazionale Usa sulla Russia, la quale afferma che non vi sono più risorse interne con le quali fronteggiare lo scenario complesso che si sta compiendo. Le agenzie americane dall’undici settembre in poi hanno reclutato e formato analisti e agenti operativi sullo scenario mediorientale e quello afgano, per nulla convinti che le strutture e gli uomini che avevano fronteggiato la guerra fredda potessero servire nuovamente. È ovvio che la letteratura e le analisi sono sufficienti per aggiornarsi ma questo non esprime una capacità incisiva quanto un adeguamento forzato di scenario nelle strutture intelligence americane. Gli inglesi, dopo il caso Litvienko, sicuramente sono sempre più preparati a fronteggiare l’avanzata russa nella geopolitica europea, cosi come tedeschi, cechi, polacchi e svedesi, norvegesi e italiani.

L’incontro che il presidente Putin ha tenuto con il FSB, ex KGB, e le dichiarazioni sulla strategia contro le minacce interne, da ravvisarsi attorno al ruolo delle Ong e degli attivisti e organizzazioni internazionali presenti sul territorio, fanno presagire che le attività russe in Occidente siano più che sicure nel condizionamento e l’orientamento delle opinioni pubbliche sull’Ucraina. Il fatto che Mosca tenga ancora Snowden e forse lo utilizzi nelle attività cibernetiche governative giustifica anche l’oscuramento delle comunicazioni ufficiali russe sia in Crimea che nelle regioni orientali ucraine.

Che vi sia un aggiornamento tecnologico così avanzato da parte russa non se lo aspettava nessuno credo. Ecco che le attività di humint, uomini sul campo, tornano ad essere predominanti sul terreno della sfida geopolitica. La Russia non ha mai smesso di farlo nei confronti dell’Occidente, ma l’Europa e gli Usa saranno in grado di rispondere alle minacce sistemiche della presenza russa nelle economie e nei suoi sistemi produttivi?

L’intelligence viene sfidata dalla storia e dalle esperienze plurime che il blocco sovietico garantiva all’interno delle amministrazioni occidentali, si tratta solo di reintegrare vecchie glorie ed esperti a riformare le nuove generazioni di analisti e operativi sulle dinamiche e l’evoluzione della Russia dal 1985 in poi, i suoi responsabili sicurezza, gli accademici e altri che guidano e influenzano le attività industriali e militari russe in tutti i continenti e non permettere che si riapproprino delle industrie militari di Kiev.

L’impressione è che il grande gioco Nato-Russia continui e possa avere ulteriori sviluppi, partendo dall’Artico e dai suoi giacimenti indivisi e contesi, per arrivare sino alle porte del mediterraneo ove Egitto e Siria rappresentano un avamposto russo sui tavoli diplomatici più critici, dalla Palestina all’Iran, dalla Libia alla Turchia, come Israele.


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