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Rendite finanziarie, ecco perché non è del tutto vero che le tasse in Italia sono basse come dice Renzi

Tema molto discusso nelle ultime settimane, con l’insediamento del nuovo governo, è quello della revisione della tassazione delle rendite finanziarie. L’ipotesi avanzata è di un aumento al 26% delle aliquote, lasciando invariata al 12.5% quella sui titoli di Stato. Uno sguardo alle modalità con cui negli altri Paesi le rendite finanziarie sono tassate (persone fisiche residenti e 2013 come anno fiscale di riferimento, aprile 2013-aprile 2014 per il Regno Unito) può permetterci di fare qualche riflessione sull’attuale peso delle imposte in Italia rispetto ad altre realtà europee.

MODALITÀ DIFFERENTI
Da una prima analisi emerge la forte diversità delle modalità di tassazione delle rendite con Francia, Spagna e Regno Unito che prevedono parità di trattamento fiscale tra i redditi da lavoro e quelli da capitale o una tassazione progressiva per scaglioni di reddito, mentre in Italia, Germania e Olanda è prevista una aliquota generalmente omogenea per tipologia di rendita e reddito dell’investitore.

I DIVERSI PAESI
In Francia è stata la legge finanziaria del 2013 ad allineare la fiscalità dei redditi da capitale a quella del lavoro, per cui interessi, dividendi e capital gain concorrono alla formazione del reddito complessivo tassato con aliquote progressive. Nel Regno Unito i redditi da interessi concorrono alla tassazione del reddito complessivo per scaglioni, mentre le aliquote previste per i dividendi, pagati al netto di un 10% di credito di imposta, sono diverse, anch’esse crescenti in funzione del reddito complessivo, e i capital gain sono tassati sul realizzato ed esenti fino a una soglia di 10900 sterline. In Spagna gli interessi, i dividendi e i capital gain concorrono a determinare la base imponibile della categoria di redditi definita “saving base” e tassata per scaglioni progressivi. In Germania è previsto un trattamento omogeneo per le diverse tipologie di rendite finanziarie con un’aliquota pari al 26.38% ma i capital gain derivanti da alienazione di partecipazioni per una quota superiore all’1% del capitale sono tassati nella misura del 60%. Per la tassazione delle rendite finanziarie in Olanda si presume che i depositi, i titoli e i dividendi da partecipazioni non qualificate (inferiori al 5% del capitale) abbiano un rendimento del 4% su cui si applica un’aliquota del 30%. I dividendi e i capital gain derivanti da partecipazioni qualificate sono tassati al 22%.

I CONFRONTI
A una prima analisi emerge che in Italia la tassazione sulle rendite è più bassa di quella tedesca e olandese, Paesi con i quali è agevole effettuare un confronto in quanto è presente una tassazione con aliquote omogenee tra i diversi strumenti. Anche Regno Unito e Spagna hanno un’aliquota minima sulle rendite finanziarie superiore a quella italiana, ma è difficile valutare l’entità delle imposte nel caso in cui la tassazione delle rendite sia equiparata a quella dei redditi da lavoro per la presenza di eventuali sgravi fiscali sui redditi più bassi o forme particolari di tassazione (come il cosiddetto quoziente familiare francese).
Se si considera anche l’imposta di bollo sui dossier titoli, applicata sul capitale investito, la tassazione oggi vigente in Italia o quella che si prospetta resta più bassa rispetto agli altri Paesi europei?

I CALCOLI DA FARE
Per rispondere a questa domanda abbiamo calcolato, in ipotesi di diversi tassi di rendimento delle attività, le imposte complessive considerando sia l’imposta di bollo dello 0.2% sulla giacenza sia l’aliquota di tassazione delle rendite finanziarie (12.5% per i titoli di Stato e 20% ancora vigente per gli altri investimenti). Tali imposte sono state poi messe in relazione al rendimento ottenuto dagli investimenti, in modo da ottenere un’aliquota complessiva “virtuale” confrontabile con quella degli altri paesi. Nell’ipotesi di un investimento finanziario diverso da titoli di Stato pari a 1000 e di un rendimento del 5% (per cui il rendimento è di 50 euro), l’imposta sulla rendita è 10 euro (il 20% del rendimento) e l’imposta di bollo è 2 euro (lo 0.2% di 1000 euro). Complessivamente pertanto le imposte pagate sono pari a 12 euro e corrispondono al 24% del rendimento complessivo; in altri termini, pur se con un metodo “misto” in cui si tassano sia i rendimenti sia le giacenze, si ottiene lo stesso risultato che tassare i rendimenti al 24%, invece del 20%.

GLI ASPETTI DA EVIDENZIARE
Da questo semplice esercizio si evidenziano due aspetti. In primo luogo, la tassazione è inversamente proporzionale al rendimento degli investimenti: quanto più è basso il rendimento, tanto più è alta la tassazione perché l’imposta di bollo pesa proporzionalmente di più. Trasformando pertanto l’imposta di bollo in una imposta “virtuale” sulla rendita, l’aliquota varia dal 40 per cento nel caso di rendimento pari all’1% al 21 per cento per rendimenti superiori al 10%. In secondo luogo, si attenuano le differenze rispetto agli altri Paesi. In particolare, l’Italia si allinea alle aliquote fiscali della Germania in caso di rendimenti pari al 3.2% circa per gli investimenti finanziari diversi dai titoli di Stato, mentre resta su livelli inferiori all’Olanda in caso di rendimento al 4% (25 per cento in Italia vs il 30 per cento dell’Olanda). Per i titoli di Stato, prendendo in considerazione il rendimento del Bot a 12 mesi dell’ultima asta (0.592%), gli oneri fiscali sugli interessi “erodono” il 46.3% del rendimento, mentre agli attuali rendimenti medi dei Btp a scadenza (3.6% in media a fine 2013) gli stessi oneri fiscali pesano per il 18 per cento (12.5 per cento la sola aliquota sugli interessi).

COME OLANDA E GERMANIA
In conclusione, ad aliquote vigenti con un rendimento del 3.2% saremmo allineati alla fiscalità tedesca, mentre con l’aumento delle aliquote sulle rendite finanziarie al 26 per cento annunciato dall’attuale governo avremmo un onere fiscale complessivo pari al 32.35 per cento. Con rendimenti pari al 4%, saremmo poco superiori all’Olanda (onere fiscale del 30 per cento).

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