Sul Jobs Act – tra l’altro ancora in fase di enunciazioni nebulose e non di testo definitivo – è in atto un duro scontro ideologico, prevedibile, tra l’altro, da parte di chi le riforme non le vuole affatto. Già solo sulla prima parte, che riguarda i contratti a termine e l’apprendistato, si è scatenata l’offensiva dell’ala più conservatrice del partito di Renzi, come si è potuto constatare sul decreto Poletti.
Il Jobs Act rappresenta un provvedimento coraggioso con l’intento di cambiare un sistema che, da anni, noi ripetiamo “non funziona”. L’obiettivo è semplificare le regole, non ci sono eccessi di demolizioni di tutele e c’è la consapevolezza che non sono, comunque, le sole regole a creare posti di lavoro ma la ripresa della produzione.
Un documento però ancora troppo vago che presenta luci ed ombre, tra cui la mancanza di un chiaro programma di riduzioni fiscali ed il troppo generico e superficiale parlare di risorse ricavate dalla spending review.
Negli ultimi anni abbiamo avuto solo provvedimenti emergenziali, subendo l’assenza di una visione globale delle dinamiche di reale funzionamento del mercato del lavoro e del sistema di welfare. Ora, il Paese non si può permettere di perdere questa occasione e non possiamo ancora una volta essere condizionati sulle riforme del lavoro dalle scelte ideologiche, vetero antiflessibilità, della Cgil, presente in forza nella minoranza del Pd: su questo punto il Presidente del Consiglio deve parlare, finalmente, chiaro e forte e non lasciare che venga sconfessato il suo ministro del Lavoro che aveva firmato il decreto, poi ampliamente modificato.
Riteniamo inoltre sia stato, e continui ad essere, un grave errore non coinvolgere le parti sociali nelle modifiche sui contratti perché quando la politica interviene da sola prevale l’ideologia rispetto al merito, creando solo confusione. Il ruolo dei corpi intermedi è determinante, anche se qualcuno, probabilmente, vorrebbe rottamarli.
Sulla riforma del mercato del lavoro si gioca l’ennesimo confronto/scontro fra riformatori e riformisti: in questi giorni ne abbiamo una prova in Parlamento, aspettando il Jobs Act.
“Progettare per riformare”: era questo il filo conduttore che animava l’elaborazione progettuale del prof. Marco Biagi ed è con questo spirito, propositivo e proiettato al futuro, che dobbiamo affrontare i temi del lavoro evitando confronti ideologici e antagonisti che non aiutano sicuramente la ripresa, di cui tanto il Paese ha bisogno. E, soprattutto, non aiutano i nostri giovani nella ricerca di un lavoro e di una speranza per il futuro.
Siamo in attesa che Renzi si decida a passare dalle enunciazioni di principio ai testi concreti, non è più il momento di lanciare slogan: è ora di metterci la faccia e definire i contenuti.
Diversamente significherebbe assumere atteggiamenti dilettantistici e superficiali nell’affrontare una delle questioni più gravi per il Paese.
Carlo Costalli
Presidente del Movimento Cristiano Lavoratori