Una telefonata, dall’altra parte un amico deputato della Repubblica esordisce: “E’ andata bene, siamo sopra il 15% ma abbiamo vinto, superato il 50%”.
Nella mattina del post voto, reduci dalla sbornia da campagna elettorale estero vestita ma di fatto da elezioni politiche, gli sconfitti dell’area di centrodestra si leccano le ferite, molti vanno in confusione, i più fantasiosi auspicano rivoluzioni e rottamazioni, indicando la via delle primarie. Ma primarie de che? E in definitiva, che è ‘sto centrodestra? E’ una maionese di piccole ambizioni personali, di scranni parlamentari da difendere, una sorta di tengo famiglia da proteggere con rendite da posizione guadagnate nel tempo. Soprattutto, in assenza di un leader alternativo a quello storico costretto in panchina, è un limbo dove è facile perdere, i consensi intendo.
Dall’altra parte poi, c’è un guascone, molto cool ed anche piuttosto para.. Uno che prende il 40% facendo sotto sotto incazzare pure il suo partito. Un tipino tutta fretta e agitazione che ha saputo rompere gli schemi, emulando il metodo berlusconiano e capire che occorre parlare in modo semplice agli elettori, saper interpretare le loro istanze, liberarli dalle paure e dare una speranza. Non importa se i contorni della proposta non sono ben definiti, se i numeri e le risorse appaiono confusi e ballerini. Quella è un’altra faccenda. Prendersi il consenso è solo il primo step, ma è quello fondamentale.
Non è un caso che il primo estimatore del premier sia proprio il suo principale (pseudo) avversario. Non è un caso che l’amico forzista, quello della telefonata mattutina, esordisca con quella battuta solo all’apparenza paradossale. In un Paese dove i ventenni si ripropongono ciclicamente, è iniziata l’era politica di Matteo Renzi.
Il principale protagonista di quello appena concluso, Silvio Berlusconi, da intuitivo e precursore quale è, lo ha capito da tempo. E’ consapevole che, per la gravità della situazione, il bene del Paese e per raggiunti suoi limiti di età, non ci siano alternative o altri uomini – presunti leader – che possano recitare quel ruolo godendo del necessario supporto popolare. Come è consapevole che sarà proprio il partito del premier, prima o poi, a cedere alla propria natura: come lo scorpione della celebre fiaba, tenterà di uccidere il suo liberale condottiero salvatore con il veleno dei suoi principali azionisti corporativi e d’apparato.
Vedremo presto se Re Silvio da Arcore saprà ancora compiere un’impresa liberandosi dei troppi cortigiani ed aspiranti al trono che lo circondano: in fondo all’anziano monarca non credo dispiacerebbe consegnare il suo regno di consensi al più giovane principe che tanto gli assomiglia ma solo per caso è cresciuto al di là del mare, consentendogli così di dimostrare se davvero ha la stoffa di un statista.