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Che cosa non mi convince ancora di Renzi

Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo il cameo di Riccardo Ruggeri apparso su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi.

Quando tre anni fa decisi di fare il giornalista, pardon scrivere sui giornali, scelsi come mio standard un pezzo di circa 4.000 battute (lo chiamai «cameo»), adottando uno stile di scrittura simile a quello di Hunter S. Thompson (inventore del gonzo journalism), seppur dimezzando le battute. Questo è il mio 785° cameo. Come intervistatore invece volli ispirarmi a quello, italiano, che considero il più grande: l’amico Stefano Lorenzetto. Per copiarlo feci svariate prove in laboratorio: insuccesso totale. Scelsi allora una tecnica, mia personale: una sola domanda «aperta», con premessa incorporata.

LE INTERVISTE RIUSCITE E FALLITE DELLE POLITICHE 2013

Alle elezioni politiche del 2013 chiesi di intervistare tutti i candidati alla presidenza del consiglio, presentando a ciascuno di loro un’unica domanda, preceduta da una premessa, con l’impegno di pubblicare la risposta, tal quale. Oscar Giannino e Antonio Ingroia accettarono, Berlusconi e Grillo non risposero neppure, Pier Luigi Bersani mi tenne sulla corda, poi non accettò. Usai la stessa tecnica con Carlo Cottarelli e ne uscì un’interessante intervista.

LA SCELTA DI RENZI

A queste elezioni, visti i precedenti rifiuti, esclusi Berlusconi e Grillo, ci mettemmo in contatto con lo staff di Renzi anticipando la domanda che leggete sotto. Dopo 20 giorni, nessuna risposta. Come interpretarlo? Una scelta legittima, uno stile casual.

LA DOMANDA A RENZI, CON PREMESSA INCORPORATA

Domanda. Caro Presidente Renzi, la ringrazio di aver accettato questa mia personale modalità di intervistare i leader, facendo una sola domanda, con premessa incorporata. Ho capito che qualsiasi domanda le possa fare un giornalista lei ha, in automatico, la «giusta» risposta, come succedeva a me quando praticavo i «road show aziendali» vs gli analisti finanziari. Non me ne abbia, ma questa modalità è un «prodotto da banco», come lo sono tutti i «piani aziendali» o i «programmi politici» e le relative conferenze stampa (spesso costruite a tavolino). Ho letto tutte le «Leopolde»: il suo pensiero mi è chiaro. Ho passato la vita, per motivi professionali, a valutare le persone: il suo profilo psicologico-comportamentale mi è chiaro. Ho avuto un grande privilegio: per vent’anni non sono stato né berlusconiano né anti: mi avvio baldanzoso nell’essere né renziano né anti.

Tutto ciò premesso, con i soli «prodotti da banco» si è una para-farmacia, non si sfonda nel mercato dell’alta farmacologia, e l’Italia è un paese molto malato, e lei lo sa. Appartengo alla categoria degli Ápoti, di prezzoliniana memoria, persone a cui è difficile darla da bere. Noi Ápoti siamo persone perbene, semplici, legati alla terra o all’officina, di poche parole, a noi non interessano né il passato (secondo lei orrendo), né gli scenari futuri (secondo noi velleitari), men che meno i cronogrammi, ma solo i risultati, e del processo decisionale ci interessa solo l’execution, non certo gli obiettivi fantasmagorici. Le faccio l’esempio più banale. Una delle sue slide più divertenti era quella delle «auto blu», però lei ha glissato sull’unico aspetto che avrebbe fatto la differenza: «ovviamente, occorre licenziare anche gli autisti blu che sono il vero risparmio». Non l’ha detto, glielo ha fatto notare persino uno come Junker. Lei ha scelto la medicina generale, noi pensiamo di aver bisogno di un chirurgo di guerra, lei si ispira a Obama noi alla Signora Thatcher. Risposta …

LA DELUSIONE E ALCUNI SUGGERIMENTI

Caro Presidente, volevo offrirle l’opportunità di spiegare a noi Ápoti certi aspetti della sua politica, non è stato possibile, peccato. Ci sono nel suo modo di porsi e fare politica, glielo confesso, atteggiamenti che noi Ápoti non comprendiamo. Un esempio. Il suo modo di ragionare «binario»: o sei con me o contro di me, o accetti la mia verità, oppure sei un gufo, peggio uno sciacallo. Questo approccio non fa parte della cultura democratica nella quale noi siamo vissuti. É un mondo in bianco o in nero che non ci appartiene, per noi liberali (veri) politica significa trovare, da parte del leader, la tonalità di grigio che più si adatta al contesto e al momento storico. Come ex manager mi permetto poi di dirle che lei sta confondendo «velocità» con «fretta», la prima porta (non sempre) al successo, la seconda (sempre) al fallimento. Come uomo di comunicazione le faccio osservare che il battibecco con Floris ha «cambiato verso» alla sua immagine: l’arroganza dell’azionista verso un suo dipendente di basso livello non è gradita, persino io mi sono indentificato con lui. Forse Floris ha avuto una serata di esaltazione, ma non tutti i conduttori sono «tappettini», come fu per Letterman con Obama.

Mi consenta un suggerimento: dopo le elezioni, rifletta serenamente su questi primi 80 giorni, li ripercorra. Comunque, auguri di cuore a lei, e ai suoi elettori.

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