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Ecco la posta in palio di Fiat-Chrysler per l’Italia

Questo brano è tratto dalle conclusioni del libro “Made in Torino? Fiat Chrysler Automobiles e il futuro dell’industria” di Giorgio Barba Navaretti e Gianmarco I.P. Ottaviano, edito dal Mulino, in uscita l’8 maggio.

L’avventura di questa unione transatlantica che ha dato luogo a FCA è ricca di lezioni, spunti di riflessione e criticità. Negli Stati Uniti è stata vissuta con crescente entusiasmo, come un ulteriore esempio della capacità, che lì sentono molto americana, di fare quadrato nei momenti di difficoltà per poi trovare una via d’uscita efficace. In Italia continua ad essere guardata con diffidenza, soprattutto per le basse ricadute immediate che l’operazione ha avuto qui ed uno scetticismo diffuso nei confronti di un’azienda a cui il paese spesso sente di aver dato più di quanto ha ricevuto.

GLI INTERROGATIVI

È possibile sopravvivere, generando profitti e posti di lavoro, senza grandi prodotti di massa come la Uno e la Punto? Riuscirà FCA ad assicurare la qualità e l’appetibilità dei nuovi prodotti necessarie alla rinascita della produzione italiana? Quanto conta la storia del marchio? Perché Marchionne dovrebbe riuscire a sfondare nei segmenti premium e luxury dove nessuno prima di lui è riuscito? Si tratta infatti di una partita in larga parte ancora da giocare. Ora per lo meno le regole del gioco sono più chiare: esiste una strategia industriale su cui l’azienda intende costruire il proprio futuro.

L’AUSPICIO

La speranza è che questo libro abbia permesso di capire meglio il senso di questa strategia e possa quindi promuovere un dibattito sui suoi pregi e sui suoi difetti, per FCA, i suoi lavoratori e il Paese nel suo insieme.



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