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Ecco le 6 lezioni delle Europee per guru e gufi

Altro che sorpasso, raddoppio: un Pd guidato da Matteo Renzi vale due M5S guidati da Grillo&Casaleggio. Le urne parlano il linguaggio delle cose, il web quello delle parole.

Perché ancora una volta nessuno ha capito questi imprevedibili italiani? Perché tutti, come sempre, hanno rifiutato di guardare alla realtà effettuale e si sono fatti obnubilare dai persuasori occulti. Non si tratta solo di sondaggisti: ciascuno cercava attorno a sé quel che voleva trovare e voleva trovare quel che raccontavano i mass media. Che cosa, invece, hanno insegnato gli elettori? Ecco alcune lezioni concrete.

1) La crisi ha colpito duro, ma in Italia più che la protesta emerge la voglia di ricominciare. Anche questa è una caratteristica del popolo sul quale si conciona senza conoscerlo. Questa volontà di ripartenza, ha trovato in Renzi la persona che potrebbe realizzarla. Ed è apparso credibile. Gli 80 euro in busta paga a pochi giorni dal voto sono serviti. Su questo blog avevamo chiesto se sotto il fumo c’era l’arrosto. Ebbene, almeno una bistecca alla griglia è arrivata. Gli elettori hanno scelto la stabilità rispetto all’ingovernabilità, hanno scelto il progetto invece dell’antagonismo. E lo hanno fatto con un comportamento incredibilmente omogeneo: nord e sud, est e ovest, per una volta né dualismo né frantumazione localistica, le differenze sono solo sfumature.

2) L’Unione europea non piace, gli italiani euro-entusiasti sono un residuo del passato; in questo non si distinguono dallo stato d’animo espresso in qualsiasi altro paese d’Europa. Lo stesso vale per l’euro. Le politiche di austerità hanno provocato più guai di quanti ne abbiano risolti e tutti, a cominciare proprio da quel 41 per cento che ha votato Renzi, intendono cambiare strada e si auspicano che il Pd mantenga le sue promesse sviluppiste. Gli italiani non sono sprovveduti e si sono fatti i conti in tasca: abbandonare l’euro costerebbe troppo, almeno altri anni di recessione, un rischio che nessuno intende correre. E’ un comportamento razionale che piacerebbe anche ai Chicago boys. Tanto più se la fine dell’euro comporta la disunione dell’Europa. Mentre incombe una nuova guerra fredda con la Russia, la Cina si riprende il suo spazio nel mondo, gli Stati Uniti si gettano bon gré mal gré in una nuova competizione globale con le altre grandi potenze, che spazio c’è per l’Italietta (non parliamo della liretta)?

3) Grillo in un anno s’è giocato tutto il suo patrimonio nemmeno fosse Dostoevski a Baden Baden. Ha compiuto una catena di errori alcuni dovuti a inesperienza, altri a malafede, tutti frutto di una hybris forsennata. L’immagine di Casaleggio con il cappellino da baseball, inquietante e minacciosa, ha dato il colpo finale.

4) Il declino di Berlusconi lascia a casa gli elettori del centro-destra i quali però non vanno con Gribbels (come lo ha chiamato Giuliano Ferrara il quale è uno dei pochi ad aver visto giusto sia su Renzi sia su Grillo). Ciò apre il grande cantiere sulla ricostruzione del centro-destra, destinato a durare a lungo. Ma in un certo senso anche questo è un segno di comportamento politico razionale.

5) In Europa l’asse franco-tedesco, già abbondantemente ridotto in ectoplasma, è stato esorcizzato del tutto. Non esiste più. Finito. Per il collasso delle classi dirigenti francesi post-golliste. Ma anche perché gli stessi tedeschi non ci credono. Dalle urne esce un’Unione più che mai a geometria variabile. I partiti europeisti (e filo euro) hanno la netta maggioranza. Gli anti hanno circa un terzo del parlamento europeo, ma non si possono mettere nello stesso mazzo Tsipras, Marine Le Pen e Farage. Dunque è un calcolo che non fa molto senso. L’Italia con il suo voto oggi è in condizione di farsi sentire e giocare un ruolo di proposta e di cambiamento. La Merkel ascolterà Renzi? O in Germania prevarrà la spinta a chiudersi nel cerchio magico dei satelliti centro-orientali? Lo vedremo presto, forse già nei prossimi giorni.

6) Infine, bisogna chiedersi se il voto a Renzi è anche un consenso per le riforme. Su questo è meglio sospendere il giudizio. Dopo aver fatto autodafé, scettici e critici hanno tutto il diritto (anzi il dovere) di mettere il dito su resistenze passive, opposizioni, condizionamenti conservatori che non si scioglieranno come neve al sole. Il ciclo della rottamazione si è chiuso con una vittoria superiore alle attese. Adesso, superata quota 40, il Pd dovrà mostrare cosa è in grado di costruire.

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