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Perché con il Pil moscio Draghi deve darsi una mossa. Report di Mediobanca Securities

C’è un paradosso che attende al varco l’Europa. Le elezioni del prossimo 25 maggio potrebbero dare una scossa all’Unione. E la scossa sarebbe davvero forte se a prevalere fosse il fronte anti-euro che si va facendo sempre più forte nel Continente. In quel caso Fiscal compact e austerity sarebbero situazioni da gestire in emergenza, con alcune importanti implicazioni. “Il successo del fronte anti-euro – scrive in un report Antonio Guglielmi, capo analista di Mediobanca Securities – produrrà l’urgenza di una maggior cooperazione tra i partiti tradizionali per dar seguito ad austerità e fiscal compact. Questo risultato elettorale crediamo costringerà l’Europa a dismettere l’atteggiamento attendista che ha prevalso finora e fin dall’annuncio dell’Omt”.

NUOVE OPERAZIONI DA FRANCOFORTE?

La visione contrarian di Guglielmi è interessante anche per la politica italiana. Sostanzialmente il premier Matteo Renzi ha qualche opportunità di poter trattare con l’Europa solo se non si fa troppo paladino dei vincoli attuali. L’altra implicazione di questa teoria e più generale per l’Europa è che questo risultato offrirebbe un’altra buona ragione alla Bce per dare avvio a un nuovo quantitative easing, probabilmente in giugno. “Il fragile recupero senza occupazione sta già alimentando le aspettative di una nuova azione espansiva in vista della riunione di giugno della Bce – si legge ancora nel report – sebbene ci sarebbe un beneficio di breve termine su inflazione e svalutazione monetaria, rimane tuttavia poco chiaro l’effetto nel medio termine”. Ovviamente i costi del funding ne beneficerebbero, anche se il restringimento degli spread li ha già molto ridotti, e il Qe consentirebbe di un positivo rimpiazzo di domanda sui governativi italiani e spagnoli, per i quali la domanda domestica si è sensibilmente abbassata dopo l’avvio dell’Ltro.

IN ATTESA DEL QE

Ma c’è un’altra possibilità riguardo al Qe e cioè che si svolga con modalità diverse da quelle tradizionali, ovvero che invece che acquistare Btp e Bonos la Bce potrebbe riversare la sua liquidità sugli abs delle piccole e medie imprese. Se continuasse a investire in governativi infatti lo spread con la Germania potrebbe aumentare e non diminuire. Tuttavia anche puntare sui loan delle pmi ha alcune complicazioni, la prima delle quali è un premio al rischio decisamente elevato in un mercato piccolo, che vale in Europa 120 miliardi di euro. “Dunque alla fine il qe sarà un mix di governativi, emissioni del Financial Stability Facicility (EFSF), corporate e Abs”.

LO SCENARIO POST QE

Secondo Mediobanca Securities, lo scenario che ne deriverebbe è altamente positivo con un impatto di 390 punti base sul Rote (return on tangible equity) delle banche europee. Il cui p//e in media è già cresciuto del 55% negli ultimi dodici mesi, il che implica un aumento dell’utile per azione che al momento non sembra tangibile. “Tuttavia, se il recupero dell’Ue è in fieri – si legge nel report di Mediobanca Securities – il Qe può alimentarlo e supportare l’attuale approccio che mira ad agganciare un ritorno alla normalità.

L’EFFETTO SULLE BANCHE

E proprio questo ritorno alla normalità è, nella visione degli analisti coordinati da Guglielmi, lo spunto per upgradare il settore bancario che potrebbe sperimentare un aumento dell’utile lordo medio del 50% nel 2015. L’esercizio è stato condotto su 12 banche di elevata capitalizzazione, assumento quattro variabili chiave: e cioè le loss loan provision, ovvero le riserve a copertura di eventuali perdite ai livelli del 2007, i loan in aumento del del 3%, con impatti positivi anche sull’asset under management e i tassi di interesse in rialzo di 50 punti base. In uno scenario così ottimistico, nella classifica delle migliori compaiono, insieme alla svizzera Natixis, alla tedesca Commerzbank e la francese Societé Générale anche le rappresentanti di economie ancora più deboli: le italiane Intesa (con un aumento dell’utile lordo pari al 63% nel 2015) e Unicredit (+70%), insieme alle spagnole Santander (83%) e Bbva (48%).



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