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Europee 2014, così la minoranza Pd medita di sgambettare Renzi

Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo il commento di Sergio Soave apparso su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi

Nella sceneggiata messa in piedi dalla minoranza del Partito democratico per ostacolare l’intesa stipulata tra il segretario del loro partito e il leader di Forza Italia non sembra siano state calcolate bene le mosse, il che mette a rischio più della segreteria di Matteo Renzi la presidenza del consiglio di Enrico Letta. Letta stesso si è esibito in una serie di dichiarazioni ad alto rischio, dal sostegno estemporaneo alla campagna per le preferenze (che non erano affatto al centro del programma di riforme bersaniano) all’evocazione, fuori tempo massimo, del vecchio arnese antiberlusconiano di una non meglio identificata normativa sul conflitto di interessi.

LA FUNZIONE DI LETTA

Dopo che Angelino Alfano ha preso atto della necessità di accettare il compromesso sulla legge elettorale e l’accordo (che in realtà è la cosa più importante) sulla riforma del Senato e del titolo quinto, Letta si deve essere reso conto che la sua funzione è ormai ridotta a poco più di un governo di affari. Il suo governo deriva la possibilità operativa da accordi che saranno stipulati in modo sempre più stringente dalle segreterie dei partiti della maggioranza e, per le riforme, con l’opposizione. Il tentativo di Letta di recuperare uno spazio maggiore di autonomia passa per l’insubordinazione al partito dei gruppi parlamentari democratici, un’operazione che se venisse davvero portata alle sue estreme conseguenze farebbe fallire la riforma elettorale ma porterebbe diritto e filato a nuove elezioni, per colpa dell’inaffidabilità del partito democratico, con conseguenze difficili da prevedere nella distribuzione del consenso.

LA FORZA PARLAMENTARE DELLE MINORANZE DEL PD

Le minoranze democratiche dispongono di una forza parlamentare assai superiore alla loro consistenza reale, sia perché le liste sono state compilate da Pierluigi Bersani sia perché alla Camera hanno ottenuto un colossale premio di maggioranza (ora definito illecito dalla Consulta). Usare questa forza di palazzo è possibile, ma comporta un rischio superiore ai vantaggi, il che dovrebbe consigliare un atteggiamento meno barricadiero, soprattutto a chi, per ragioni politiche o anagrafiche, può pensare a una rivincita in futuro. Ma chi, come per esempio Rosi Bindi, non vede un futuro, può giocare col fuoco solo per una vendetta retrospettiva. Letta è tra quelli che hanno qualcosa da perdere, il che fa pensare che rientrerà nei ranghi, anche per seguire le indicazioni del Quirinale, che, indipendentemente dal merito, apprezza l’accelerazione di un’agenda riformista largamente condivisa. Se però non abbandonerà in fretta i toni combattivi privi di forza, rischia di seppellirsi anzitempo con le sue stesse mani.



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