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Expo, il monito insito negli arresti

Questo commento è stato pubblicato oggi da L’Arena di Verona, Giornale di Vicenza e Brescia Oggi.

Ventidue anni dopo, ma a volte ritornano. Riecco la nuova Tangentopoli in versione, si fa per dire, universale. L’Expo di Milano, straordinaria vetrina dell’Italia sul mondo a partire dal 2015, s’”inaugura” un anno prima con sette arresti, uno più clamoroso dell’altro. Si va dal direttore della pianificazione acquisti, Angelo Paris, a nomi già finiti a suo tempo nel ciclone di Mani Pulite, come Primo Greganti, il celebre “compagno G” dell’allora Pds, al non meno famoso Gianstefano Frigerio, democristiano di lungo e vecchio corso. Vien da chiedersi con amara ironia: “Ma dove eravamo rimasti?”.

La bufera giudiziaria colpisce una “cupola degli appalti” che mescola affari, imprenditori e politici. Le accuse degli inquirenti riguardano episodi legati all’evento internazionale, e vanno dalla corruzione alla turbativa d’asta. L’indagine accerterà, ma intanto l’effetto sui cittadini italiani e, temiamo, sull’opinione pubblica di tanti Paesi che esporranno a Milano, è devastante. E’ come se vent’anni di processi, di nuove leggi, di estenuanti dibattiti, di una politica che a furor di popolo e di magistrati è stata costretta a rinnovarsi, non siano serviti a niente.

D’improvviso torna quel consumato film in bianco e nero che pensavamo -o speravamo- fosse archiviato definitivamente. Torna l’idea che nell’oscurità e all’insaputa dei sempre più informati e perciò indignati cittadini, gli illeciti proseguano come ieri e più di ieri. Torna la sensazione che quell’addio senza rimpianti alle pratiche disoneste della cosiddetta prima Repubblica -come venne battezzata dai protagonisti della “seconda” che promettevano la svolta e per questo ebbero il consenso degli italiani-, sia stata solo una grande finzione. La moviola ci riporta a quell’epoca di manette e di mazzette, di conti e soldi che non tornano mai, di un andazzo che era “in voga” in troppi e da troppo tempo. Ma che, da quel 17 febbraio 1992, con l’arresto dell’ingegner Mario Chiesa al Pio Albergo Trivulzio non sarebbe stato più tollerato. E allora s’aprì la corsa dei partiti a “voltare pagina”. Ma oggi ripeschiamo i Greganti e i Frigerio, quasi il binomio di un passato che non passa.

C’è da augurarsi che quest’inchiesta possa servire anche da deterrente per evitare il peggio nei sei mesi dell’Expo, che richiamerà venti milioni di cittadini dall’estero. Che gli investigatori siano implacabili, oggi e sempre, nel buttare fuori in tempo il malcostume e qualunque rischio di criminalità da quella finestra italiana sul cortile del mondo.

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