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F-35 e Difesa, ecco come connettere livello politico e operativo

Pubblichiamo un estratto della ricerca “Il ruolo dei velivoli da combattimento italiani nelle missioni internazionali: trend e necessità”, realizzato dall’Istituto Affari Internazionali. Il paper – a firma di Vincenzo Camporini, Tommaso De Zan, Alessandro Marrone, Michele Nones e Alessandro R. Ungaro – sarà presentato martedì 13 maggio a Roma.

Questo studio ha cercato di svolgere un compito non facile: connettere il livello politico e quello operativo della politica di difesa italiana, tenendo in considerazione anche i relativi aspetti industriali.

Un’adeguata comprensione del livello operativo da parte delle autorità politiche è cruciale. Tale comprensione dovrebbe includere la conoscenza, per lo meno a grandi linee, di quali compiti sono stati svolti dalle capacità aeree italiane nelle missioni all’estero negli ultimi 24 anni, così come dei requisiti militari per i futuri velivoli da combattimento determinati dall’attuale contesto internazionale, dalla recente esperienza operativa e dall’innovazione tecnologica. Sebbene tale comprensione sia già importante di per sé, essa risulta ancora più fondamentale per informare i decisori politici responsabili di scelte come quella di mantenere la capacità italiana di partecipare alle missioni internazionali per proteggere e promuovere gli interessi nazionali.

Queste scelte hanno effetti operativi estremamente importanti, dal momento che riguardano quali velivoli debbano essere acquisiti, in quale numero e in che arco di tempo. Eppure tali scelte non sono né solo operative né solo tecniche. Esse sono soprattutto politiche, in quanto riguardano l’utilizzo delle limitate risorse destinate alla politica difesa per ottenere determinati risultati. La principale posta in gioco è il mantenimento della facoltà di agire attraverso il potere militare e in particolare il Potere Aereo. Non si tratta di decisioni astratte, poiché a partire dalla prima Guerra del Golfo l’Italia ha utilizzato i suoi velivoli da combattimento per 22 negli ultimi 24 anni – il che significa che i piloti italiani hanno volato per 22 anni nei teatri operativi in Iraq, nei Balcani occidentali, in Afghanistan e in Libia. Di conseguenza, le scelte relative a quali aerei saranno impiegati dalle Forze Armate italiane nei prossimi 30-40 anni hanno risvolti piuttosto concreti.

Tali decisioni non influenzano soltanto l’efficacia presente e futura delle Forze Armate italiane. Esse condizionano altresì le relazioni con gli altri principali Paesi europei, così come con gli Stati Uniti. Esse influenzano la posizione dell’Italia all’interno della NATO e, in misura minore, all’interno dell’UE e dell’ONU, fintanto che queste organizzazioni continueranno ad occuparsi di sicurezza internazionale. In definitiva, tali scelte influenzano la politica estera e di difesa italiana, e quindi gli interessi nazionali che tale politica si prefigge di proteggere e promuovere.

In questo senso, qualunque decisione venga adottata, dovrebbe essere assunta tenendo in considerazione il livello operativo, compresi i requisiti militari che le attività di procurement dovrebbero soddisfare. Tali scelte dovrebbero essere compiute valutando anche il loro significativo e duraturo impatto sulle relazioni con i principali alleati dell’Italia, e in generale sulla politica estera e di difesa italiana. Infine, queste decisioni dovrebbero prendere in considerazione gli aspetti industriali: in Paesi europei come Francia, Germania e Gran Bretagna – per non parlare degli Stati Uniti – la politica estera e di difesa è legata agli interessi economici, industriali e commerciali della rispettiva società francese, tedesca e britannica.

Questo non significa che la politica industriale della difesa sia lo scopo principale della politica di difesa. Ciò significa piuttosto che una volta definita una certa necessità militare nei principali Stati europei, è prassi comune – o persino un dovere – che si faccia tutto il possibile per ottenere il massimo in termini di ritorni per l’industria nazionale. Questa è una delle ragioni per cui l’analisi del ruolo dei velivoli da combattimento nelle missioni internazionali, concentrata sui trend e le necessità italiane, ha dedicato un capitolo agli aspetti industriali della partecipazione dell’Italia al programma di procurement degli F-35.

In conclusione, colmando il divario tra il livello politico e quello operativo e tenendo in considerazione gli aspetti industriali del programma di procurement, questo studio si è posto l’obiettivo di stimolare un dibattito più costruttivo, approfondito e sistematico sulle questioni di difesa, che non fosse limitato al costo della sostituzione dei velivoli da combattimento attualmente in uso, ma che comprendesse anche gli scopi, il ruolo e le necessità delle Forze Armate italiane.

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