Tutti insieme appassionatamente. Almeno fino alle Europee. Nel Pd in questo periodo va di moda la parola “lealtà”. Con lealtà la minoranza bersaniana e dalemiana del partito ha dato vita a una corrente, pardon, area, “Area riformista” appunto. L’obiettivo, per carità, non è mettere i bastoni fra le ruote al governo, ma portare proposte e dibattito sul tema delle riforme.
LE FOTO DELLA PRESENTAZIONE DI AREA RIFORMISTA FIRMATE PIZZI
Con lealtà Pierluigi Bersani si appresta ad affrontare la campagna elettorale in prima persona sul territorio, per dare una mano alla “ditta” che il suo ex sfidante alle primarie gli ha sfilato di mano. Con lealtà Matteo Orfini e Andrea Orlando collaborano all’azione di governo salvo nel frattempo creano una fondazione autonoma. Con lealtà, anche chi fino al giorno prima criticava l’ex sindaco di Firenze, oggi va in tv a pontificare sulle capacità e l’efficienza del suo esecutivo.
Sono davvero finite le guerre fratricide nel Pd? C’è un Pd in cui risuona all’unisono il verbo renziano? Forse. O forse la maggioranza del partito ha capito che conviene così, che questa è davvero l’ultima occasione, come dice il premier, per l’Italia e soprattutto per Largo del Nazareno. Meglio aggrapparsi all’ancora di salvataggio renziana, anche se non va nella direzione prediletta, piuttosto che affondare.
Il punto è quanto questa quiete durerà. Malumori e maldipancia per adesso restano sottotraccia. L’appuntamento elettorale del 25 maggio fa marciare i democrat compatti verso l’obiettivo.
Ma cosa accadrà dopo questa data? I segnali all’orizzonte non sono incoraggianti. L’accordo sul Senato sembra quasi raggiunto ma è sul decreto Poletti e soprattutto sulla riforma elettorale che la sinistra del Pd tornerà alla carica. E sarà allora che si capirà quanto quella che Maurizio Crozza ha ribattezzato “Minority Pd” è davvero renziana.
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