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Il corvo di pietra. Prequel di Corto Maltese e di “I menù di Benedetta”

Scritto da Marco Steiner, dentista e amico di Hugo Pratt al punto da diventarne assistente nelle ricerche di fatti e informazioni per garantire sulla coerenza delle storie del grande fumettista, “Il corvo di pietra” (Sellerio Editore) vorrebbe essere il prequel delle vicende di Corto Maltese. Vorrebbe essere il romanzo di formazione in cui il fumetto e tutta la creatività degli acquerelli di Pratt doveva finire dissolta e ricomposta nel ghirigoro dell’inchiostro. Non è andata così. Nel libro non c’è avventura, non c’è mistero e non c’è poesia.
La cosa più esoterica del libro è, sì e no, il nome dell’autore che, addirittura, usa uno pseudonimo. Marco Steiner, infatti, è ottenuto, udite udite, da “Mar” e “Co” che, roba da parole crociate, sono sottostringhe di Corto e Marlowe. Mentre il cognome Steiner vuole avere la radice in comune con Steinbeck l’autore più amato da Gianluigi Gasparini che è il vero nome dell’autore.

Deve essere andata così. Gasparini, dentista, ha iniziato a frequentare Scicli, in provincia di Ragusa in Sicilia. Ha familiarizzato con l’intellighenzia del luogo, sessantenni vispi e animati da un sano agonismo finalizzato alla resurrezione della bella cittadina della Sicilia Sud Orientale già baciata dalla fortunata serie creata dalla penna di Camilleri. Tra un cannolo, una cena da Ciccio Sultano a Ragusa, una visita agli aromi della famiglia Russino e una degustazione di olio dai fratelli Aprile, Gasparini in arte Steiner è entrato sempre più in confidenza con la brigata sciclitana e da loro ha appreso un po’ di vicende a metà tra mito, storia e leggenda, quelle che fanno sempre molto chic sotto gli ombrelloni alla Spiaggetta.
La Madonna dei Mulici, i Cabrera, qualche nome arabeggiante. E così, pimmete pummate e pammete ecco l’idea.
Frullare il tutto e farne un libro su cui mettere sopra il bollino “usato sicuro” di Corto Maltese. In fondo se al giovane Montalbano era andata così bene, alcuni dicono meglio che dell’originale, perché non provarci con Corto Maltese?
Attorno alla storia che rimane stitica e tutt’altro che coinvolgente, e che ricorda molto quei film che poi alla fine vanno sempre su Italia 1 tipo la Mummia o uno di quelli sui Templari, quelli con cui Nicholas Cage ha cercato di sbarcare il lunario e pagare gli avvocati nelle sue cause di divorzio, il buon Gasparini ci ha costruito intorno il ricettario di Ciccio Sultano, e un po’ di itinerari nella bedda punta sud-orientale della Sicilia tra Pozzallo, Scicli e Sampieri. Umiliando e offendendo la letteratura ragusana al punto da fare rivoltare nella tomba Gesualdo Bufalino.
Insomma per cento e più pagine si va avanti su e giù per mari e spiagge e campagne iblee, passando più tempo a cucinare che a cercare il tesoro al punto che a un certo punto ti viene da pensare che l’unica protagonista femminile Layla fosse in realtà la Parodi.
Insomma leggi e pensi di stare seduto a brindare accanto a Calder, Norman, Kee, Corto, Ferro e Chiaromonte, a questi veri e propri lupi di mare e invece, aprendo gli occhi, ti accorgi di essere in Contrada Piani o in Contrada Pagliarelli con il gruppetto dei sessantenni di cui sopra che non lasciano il porto con i loro motoscafi se non ci sono meno di 2 nodi di vento. Altro che burrasche.

Non sono questo tipo di operazioni che costruiscono l’identità di un luogo. Non sono operazioni di questo tipo che fanno Pil. Ricordiamoci tutti che le Langhe in Piemonte, cui tutti guardano come distretto di eccellenza, oggi sono quello che sono, è perché cinquant’anni fa Michele Ferrero si è inventato nel giro di pochi anni la Nutella e il Kinder. Prodotti industriali molto fast e che seguono le brutali logiche del “just in time”. Tutto l’opposto della bella enogastronomia fatta di etichette, di formaggi, di lumache e di tartufi, che fa così slow e chic, e che fa tanto sentire di essere dalla parte giusta.

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