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Il Sistema Moda Italia modello di business creato dagli Stati Uniti negli anni ’50

Intervista ad Alessia Paola Roberta Rinaldi

Dobbiamo ripercorrere la storia di diversi decenni fa per scoprire, anzi riscoprire, il ruolo chiave degli Stati Uniti nella creazione del nostro MadeinItaly. Lo possiamo fare leggendo un libro uscito quasi 10 anni fa e tradotto ed inserito ora nel mercato editoriale italiano.

Qual è il valore del testo di Nicola White “Ricostruire la moda italiana”? Copertina Ricostruire - Ita-1 

Il valore è quello di ridare i meriti, ma soprattutto riscoprire i processi che decretarono il successo internazionale del MadeinItaly. Infatti lo studio pone in evidenza il ruolo fondamentale che ebbero gli Stati Uniti d’America nello sviluppo del sistema industriale tessile del MadeinItaly dalla fine della Seconda Guerra Mondiale sino al 1965, un ruolo di rilevanza che fu erroneamente attribuito al ventennio ‘70/’80 con la creazione da parte di Beppe Modenese delle sfilate milanesi.

Sicuramente fu soprattutto grazie alla intuizione del grande pioniere della moda italiana che fu il marchese Giovanni Battista Giorgini, commissionario dei beni esteri, che attirò l’interesse dei buyers americani all’acquisto delle collezioni di abbigliamento italiane, e a quel particolare periodo storico che seguì la ricostruzione del dopoguerra a cui va indubbiamente riconosciuto il merito della creazione del sistema del prêtàporter italiano e del suo indotto industriale a livello nazionale.

Perché i lettori dovrebbero riscoprire un testo uscito quasi 10 anni fa? Perché è la prima volta che viene tradotto in italiano, ed a parte addetti ai lavori ed appassionati della materia non è un testo diffuso in questo Paese. Invece il libro di Nicola White rappresenta una pietra miliare nello studio e nell’approfondimento della vera storia della moda italiana. L’autrice, che è stata docente e capo di dipartimento alla Central Saint Martins di Londra, descrive la genesi del settore della moda italiana partendo dagli anni del dopoguerra sino al 1965, spiegando le premesse del suo futuro successo a livello mondiale. Il libro ricostruisce la genesi della moda italiana attraverso numerose testimonianze storiche a livello archivistico e documentale e grazie a testimonianze d’eccellenza orali (intervistando il marchese Giovanni Battista Giorgini, Micol Fontana, Achille Maramotti, la giornalista Elisa Massai,…).

foto Alessia Rinaldi

Quale fu l’apporto reale degli Stati Uniti? Dobbiamo però tener presente che invece, fu essenzialmente il frutto dell’interesse degli Stati Uniti nello sviluppo del manifatturiero tessile italiano, e dell’intuizione del geniale marchese Giovanni Battista Giorgini, attraverso la creazione delle sfilate fiorentine il 12 febbraio 1951, che decretò la nascita della moda italiana, attirando gli interessi commerciali dei buyers americani verso le collezioni di abbigliamento italiane, allora dette di boutique e non di prêtàporter. Così facendo Giovanni Battista Giorgini grazie alla sua enorme conoscenza dei canali commerciali nell’area degli acquisti internazionali segnò il declino dell’interesse americano nei confronti dell’alta moda parigina, formale e troppo costosa, e la nascita dello stile italiano casual chic che rivoluzionò la storia dell’abbigliamento mondiale. La moda italiana e le risorse del suo design creativo erano nate ben prima della creazione delle passerelle milanesi.

Quindi gli Stati Uniti ci hanno aiutato a creare il Sistema Moda, ed il MadeinItaly, come modello di businessSì infatti. Innanzitutto perchè gli Stati Uniti d’America alla fine della Seconda Guerra Mondiale indirizzarono la maggior parte delle risorse finanziarie dei piani d’aiuto del Piano Marshall a risollevare la produzione delle industrie tessili italiane, rimaste integre nel corso dei bombardamenti degli alleati, non costituendo un obiettivo militare strategico. Inoltre gli americani investirono le loro tecnologie di produzione industriale di massa in serie nell’industria del Made-in-Italy italiana, permettendo il rinnovo del parco macchine e la formazione professionale di nuovi tecnici italiani. Numerosi furono infatti i viaggi di alta formazione professionale negli USA da parte di ingegneri italiani all’epoca descritta nel libro della White. Inoltre la richiesta sempre più alta di collezioni di boutique italiane da parte del mercato statunitense (buyers, grandi magazzini, aziende manifatturiere americane) fece esplodere la richiesta di consulenti moda italiani nel mass market americano.

Chi furono gli influential culturali più forti nel rapporto Italia Usa dell’epoca ? Chiaramente il ruolo svolto dal marchese Giovanni Battisti Giorgini e da parte degli aristocratici italiani nel lancio delle collezioni moda italiane nel mercato statunitense, e nella stessa promozione della cultura nazionale italiana presso gli organismi di alta rappresentanza statunitense fu fondamentale. L’italianità, l’aristocrazia, lo stile italiano casual, la cultura, il patrimonio artistico e paesaggistico, il turismo, il cibo furono i richiami attrattivi più forti per creare il pretesto di un viaggio sentimentale dei cittadini statunitensi in Italia. Riviste come VOGUE USA dove scriveva l’americana Bettina Ballard, e WWD diretta dall’italiana Elisa Massai contribuirono ad edificare il mito dell’italian way of life nell’immaginario americano. Si creò un fenomeno di “fascinazione culturale” reciproca tra gli USA e l’Italia, che sarebbe riduttivo definire con il termine “americanizzazione”.

L’America scoprì l’Italia, e l’Italia cosa inventò? L’America scoprì l’Italia e l’Italia inventò d’emblée lo stile del prêt-à-porter chic per la middle class americana, interpretandone lo stile di vita libero e sciolto. Se pensiamo ai grandi creatori italiani del dopoguerra, ci dovrebbe bastare ricordare alcuni nomi ad esempio quello del marchese Emilio Pucci inventore dell’abbigliamento sportivo, oppure le creazioni di pelletteria di alta gamma di Salvatore Ferragamo, o ancora gli abiti di alta moda delle Sorelle Fontana realizzati per le star hollywoodiane, e infine il modernissimo produttore Achille Maramotti e l’invenzione del suo totallook per la donna emancipata e lavoratrice. Molti sono i punti di contatto tra l’industria del fashion tessile italiana, i nostri creatori di moda e gli input culturali americani. E ancora ci basti pensare al fenomeno della Hollywood sul Tevere e alle divine attrici quali Ava Gardner e Linda Christian che vestivano Sorelle Fontana, e alle nostre Sofia Loren e Gina Lollobrigida che indossavano modelli esclusivi di Schuberth. E in tutto questo trionfava la cultura del consumo di massa, cambiavano i costumi di vita degli italiani, il loro modo di vestire, le donne in tutto il mondo, in Italia come negli USA, si emancipavano, studiavano, lavoravano.

Perché sarete al Salone del Libro di Torino? Perché abbiamo presentato i vari testi dell’Associazione Culturale Editoriale Deleyva in autorevoli luoghi della cultura della moda e del Design, così come anche della letteratura. Infatti siamo stati all’ Istituto Europeo di Design, IED di Roma; alla Biblioteca della Moda di Milano, e sempre a Milano durante il Salone del Mobile ed ora qui a Torino a Salone del Libro, dall’8 al 12 Maggio, perché riteniamo che sia la piazza più autorevole per promuovere dei testi come i nostri.

Infatti abbiamo il piacere di segnalarvi, tra il panel culturale di Deleyva Editore, la presentazione del libro prevista per domenica 11 maggio ore 18.00. La conferenza con esperti del settore si terrà presso la sala stampa dell’area INCUBATOR, PAD. I area LINGOTTO FIERE –Salone Internazionale del Libro di Torino XXVII edizione.

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