Che succede a Matteo Renzi? Che succede al premier guascone? Che succede a quel maramaldo del segretario del Pd che sbeffeggiava tutto e tutti?
E’ un leader un po’ meno baldanzoso quello che arringa in maniera mogia dai palchi e rassicura in tv. I toni sono meno tranchant e le tesi più pacate e meno semplicistiche. E’ il bello di Palazzo Chigi, si dirà.
Ma forse c’è dell’altro, se ci si concentra su alcune frasi pronunciate dal presidente del Consiglio. Renzi ha detto: io resto anche se il Pd va sotto il 30%. E prim’ancora aveva chiarito: le elezioni europee non sono un voto sul governo.
Ohibò, forse avevamo carpito numeri diversi sulle percentuali auspicate dal Pd (Renzi da Enrico Mentana aveva ammiccato a un Pd al 40% a fine legislatura) e compreso valenze diverse del voto del 25 maggio (visti i bombardamenti mediatici sul bonus Irpef), ma l’affannarsi a ridimensionare la portata delle Europee e a sminuire gli effetti politici di un Pd sotto il 30% dopo il 25 maggio (“vedrete, andrà bene invece”) indicano una fifa a 5 stelle più che una sicumera alla Matteo Giamburrasca Renzi.