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La stra-vittoria del PD, precauzioni per l’uso

Il Partito Democratico guidato da Matteo Renzi ha vinto, anzi, ha stra-vinto. Non era immaginabile un simile risultato elettorale, ampiamente sopra ogni aspettativa da parte dei sondaggisti, così come dei diretti interessati.  I leader sono quelli che prendono onori ed oneri di ogni cosa, così la stampa già è passata a parlare del “PD di Renzi” così come alcuni illustri esponenti del Partito stesso. In questo breve articolo voglio analizzare i dati finali e fare un paragone con le precedenti elezioni. Procedo con un’analisi della “personalità” del leader Renzi e mi permetto di fare qualche ipotesi sul futuro prossimo, cercando di stilare un “foglietto illustrativo” come “precauzioni d’uso” di questa vittoria.

I DATI DICONO CHE…

La vittoria del Partito Democratico è senza precedenti ed è assoluta. In numeri assoluti: il PD ottiene 11.071.732 di voti pari al 40,89% mentre il M5S di Beppe Grillo ottiene 5.716.975 di voti pari al 21,11%. Alle elezioni politiche del 2013 il PD guidato da Bersani aveva ottenuto 10.353.275 di voti pari al 29,55% (assieme, però, a SEL e il solo PD aveva avuto poco più di 8 milioni di voti), mentre Grillo aveva ottenuto 8.797.902 di voti pari al 25,66%.

Questi dati ci dicono che Grillo ha “perso” ben 3 milioni di voti e che il PD ha guadagnato 1 milioni di voti.

Difficile il paragone con il periodo pre-PD. Nel 2006 Romano Prodi con l’alleanza dei partiti della sinistra (L’Unione) aveva ottenuto ben 19.497.354 di voti pari al 49,72%, ma era appunto una coalizione. L’Ulivo, che possiamo identificare come il Partito Democratico ottenne in quel caso 11.930.983 di voti.

Un disastro senza fine, invece, per il partito di Silvio Berlusconi, Forza Italia, che non raggiunge il 17% e dal punto di vista dei numeri assoluti è quello che ha perso più voti, complice anche la scissione di Alfano e la fine del PDL.

Forza Italia ha ottenuto 4.601.515 di voti pari al 16,8% mentre nel 2013 aveva ottenuto 7.332.972 (con Alfano). Lontano il dato del 2006 quando Forza Italia da sola aveva 9.048.976.

L’ASTENSIONISMO UN MALE DA COMBATTERE

Le % ci offrono un quadro semplificato degli esiti, questo perché è la percentuale è una misura che mette in relazione grandezze. Se con 11 milioni di voti, oggi, il PD è al 40% mentre con 10 milioni nel 2013 era al 29,5% la motivazione è che il numero di elettori complessivo è diminuito fortemente. Hanno votato per queste elezioni europee il 55% degli aventi diritto di voto. Alle elezioni europee del 2009 era il 66%.

La metà degli aventi diritto di voto non esercitato il proprio diritto. Il dato è comunque migliore rispetto ad altri paesi europei, dove l’affluenza è stata anche non superiore al 40%, come in Olanda.

IL LEADER E I FATTORI DELLA VITTORIA – UNA IPOTESI

In molti hanno scritto “effetto Renzi” oppure “Tsunami Renzi”. I fattori che hanno reso possibile un risultato di questo tipo, che è obiettivamente straordinario sulle %, ma assai contenuto sui dati assoluti, sono molteplici e naturalmente, in base all’interesse di parte, si tenderà a dare maggiore risalto a questo o a quell’elemento.

Sicuramente la figura di un Leader giovane e carismatico come Matteo Renzi ha convinto una parte di elettori non tradizionalmente di sinistra o del centro-sinistra. Nell’assetto istituzionale attuale Renzi è l’unico  leader che si presenta credibile: Beppe Grillo ha fatto dell’offesa un mantra, della negatività una filosofia di vita politica, e gli italiani non hanno avuto dubbi su chi non seguire. Silvio Berlusconi è un leader caduto in disgrazia, e grazie a se stesso. Dalle stelle alle stalle, una condanna pesante e una ormai inesistente credibilità pubblica. Alfano, Casini, Monti e Vendola sono piccoli personaggi che rappresentano la politica del passato o quella nuova che non profuma e quindi i loro risultati sono stati pessimi.

Senza nulla togliere alla figura di Matteo Renzi come leader, bisogna anche riconoscere che c’era poca scelta alternativa.

Oltre al leader, però, ci sono anche fattori da non sottovalutare come per esempio l’attivismo di militanti e simpatizzanti sul territorio che hanno preso parte alla campagna elettorale. Quest’anno il PES aveva organizzato in tutti i paesi un #knockthevote ossia andare porta a porta, per parlare con la gente ed anche in Italia è stato fatto. Poi, non dimentichiamo i candidati con la loro campagna territoriale e da ultimo, ma non per minore importanza, l’unità del partito.

Anche Renzi, in questi ultime settimane di campagna, ha riscoperto il valore del “noi” mettendo da parte l’egocentrismo dell’ “Io”. Il PD è animato da forze diverse, eppure, questa volta l’azione di propaganda è stata fatta di concerto, con candidati espressione di questa minoranza e dell’altra, l’esito è stato vincente. Lo si dice da tempo: perdiamo perché siamo divisi, e vinciamo quando facciamo “gioco di squadra“.

PRECAUZIONI PER L’USO

Una vittoria di questo tipo, contenuta sui numeri assoluti e non così eclatante rispetto al 2006 e al 2013, deve essere presa con realismo. Queste elezioni europee hanno visto la partecipazione solo della metà degli avanti diritto. Il 40% di consenso ottenuto obbliga il Partito Democratico ad attuare una politica molto seria e ragionata. Quando siamo molto in alto sulla scala del successo, c’è il rischio, come scrive Pasquino, di sentirsi onnipotenti e questo sarebbe un errore fatale. La caduta fa male, poi riprendersi è difficile.

Anche il Leader, Matteo Renzi, che ora si è emancipato da Berlusconi e da NCD di Alfano, può cambiare strategia sulle riforme e guardare anziché a destra a sinistra. C’è uno spazio nuovo di collaborazione che possa restituire al PD un’identità (che con il PES ha iniziato a trovare).

Alle elezioni politiche future parteciperanno sicuramente più persone (lo speriamo) e questo mitigherà le percentuali. Se il PD vuole tenere il suo attuale consenso o meglio, aumentarlo, dovrà procedere nella strada di riforme condivise prima di tutto con tutte le energie al suo interno e poi, solo poi, trovare la condivisione con altre forze che da oggi non sono più NCD o FI. E paradossalmente, dopo questo schiaffo triplo e con girotondo, a Beppe Grillo, un interlocutore possibile e che forse è ora interessato, è proprio il M5S.

Le elezioni politiche si allontanano, perché Alfano non rischierà di essere cancellato e quindi sarà molto più conciliante sulle scelte del Governo, di contro Bersani e Civati saranno più predisposti a collaborare con Renzi, se questo si dimostra veramente un leader capace di fare sintesi nel suo partito.

Ecco la sfida per Renzi e per questo PD: restare uniti, fare riforme sensate e buone, rivedere quindi i progetti su Lavoro e Legge elettorale e ripartire da qua. Il futuro è incerto, sempre, ma la direzione sembra quella buona.



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