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Le agenzie di rating cambiano verso

Grazie all’autorizzazione dell’autore, pubblichiamo l’articolo di Marco Cecchini uscito sul quotidiano Corriere della Sera

Le agenzie di rating, i severi guardiani del debito sovrano che hanno terremotato i mercati e gettato nel panico i governi del Sud Europa, cambiano linea. Non è una virata di 180 gradi la loro, è piuttosto un cambio di rotta graduale ma netto, del quale con ogni probabilità si avvantaggerà presto anche l’Italia, non senza qualche implicazione di carattere politico.

Già, perché il prossimo 6 giugno Standard&Poor’s, la più severa e la più temuta delle Big Three, ha programmato di aggiornare la valutazione sul debito della Repubblica (oggi fermo alla tripla B con outlook negativo, a un soffio dai titoli spazzatura) e tutto sembra convergere verso il passaggio da negativo a stabile dell’outlook. Se sarà così, come molti analisti prevedono, ci si allontanerà ancora di più dall’orlo del burrone e la notizia non potrà che rafforzare il premier Matteo Renzi e il suo piano di riforme. Un segnale importante dell’orientamento dell’agenzia si è avuto del resto con la recente decisione, che ha un po’ il sapore di una retromarcia, di rimuovere il credit watch negativo su Generali decretato a freddo lo scorso novembre (e criticato dalle stesse autorità monetarie italiane). Moody’s da parte sua ha già cambiato da negative a stabili le prospettive per la Repubblica qualche mese fa. E Fitch ha fatto seguito con un report pubblicato proprio venerdì 25 aprile.

IL MECCANISMO

Secondo gli analisti le agenzie di rating sono sistematicamente in ritardo rispetto ai mercati. E così come ieri, allo scoppio della crisi del debito sovrano dell’eurozona non ne compresero la gravità, salvo poi recuperare con un eccesso di rigore punitivo, oggi rincorrono i mercati in direzione opposta. In gennaio Standard&Poor’s ha rimosso il credit watch negativo decretato per il Portogallo. Moody’s ha ristabilito lo status investment grade per i titoli di Stato dell’Irlanda prima considerati junk bond e ha alzato da negative a stabili le prospettive della Spagna.

Negli ultimi mesi l’unico downgrade importante è stato quello della Francia che ha perso la tripla A, ma ha un deficit superiore al 3% ed è considerato il Paese più in ritardo nel processo di riforma. A muovere le scelte delle agenzie non sono tuttavia solo considerazioni di tipo macro-finanziario legate ai migliorati scenari che caratterizzano la periferia dell’eurozona. Le agenzie continuano a patire gli strascichi reputazionali degli errati giudizi emessi prima della crisi (le triple A generosamente elargite a titoli rivelatisi ultra-tossici) e sono entrate da tempo nel mirino delle autorità di regolazione nazionali e internazionali che hanno imposto la calendarizzazione dei giudizi e una maggiore trasparenza rispetto alle situazioni di potenziale conflitto d’interessi.

Vi sono poi numerose cause giudiziarie che le vedono imputate: la più celebre è quella intentata dal governo degli Stati Uniti contro S&P per 5 miliardi di dollari e che vede l’agenzia in difficoltà. Tutto ciò mina la credibilità delle rating agency e ne riduce il potere contrattuale nei confronti dei mercati e degli investitori che ora chiedono a gran voce di rompere gli indugi e riconoscere ai Paesi periferici i progressi fatti.

LE RICHIESTE

Per l’Italia per esempio, le maggiori banche d’affari ritengono che sul piano macroeconomico sussistano le condizioni per un upgrading: la graduale e costante discesa dello spread, i segnali di risveglio dell’economia, l’esistenza di un importante avanzo primario nelle finanze pubbliche e last but not least l’ambizioso programma di riforme strutturali del nuovo governo vanno in questa direzione.

L’unica controindicazione viene dal processo di disinflazione europeo che non giova alla riduzione dello stock di debito, ma qui si attendono interventi da parte della Bce. Ancora più perentorie sono poi le richieste per Spagna e Portogallo, paesi che sono ritenuti significativamente sottovalutati. Secondo gli analisti di Unicredit sia nel caso del Portogallo, i cui titoli non hanno ancora lo status di investment grade, sia in quello della Spagna il rating potrebbe essere alzato di almeno cinque gradini. In queste condizioni per le agenzie la correzione di rotta è quasi inevitabile.


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