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Tutti i limiti del M5S. Parla Panarari

“Il M5S ha fatto il pieno dell’Italia contro, di quell’Italia che urla, strepita, a volte con buone ragioni, altre in maniera inquietante. Ma per andare oltre a quello che di fatto è un recinto, dovrebbe cambiare pelle”. E qui sta il problema secondo Massimiliano Panarari, politologo ed esperto di comunicazione, curatore insieme a Marco Laudonio del libro “Alfabeto Grillo. Dizionario critico ragionato del Movimento Cinque Stelle” (Mimesis Edizioni). Ecco la sua analisi sul voto di domenica con Formiche.net.

Professore, è stato un flop il risultato del M5S?
È stata una sconfitta marcata per due ragioni. La prima è che il M5S ha perso voti. La seconda dipende dal fatto che Grillo ha ingenerato nei suoi militanti la convinzione ballerina e rivelatasi destituita di fondamento che avrebbero realizzato il sorpasso al Pd. Così non è stato.

Perché secondo Lei?
L’impressione è che non ci sia stato il travaso di voti dal centro-destra. L’elettorato moderato ha scelto di non votare Grillo, forse perché spaventato dalla sua violenza verbale. L’altro elemento è la sostituzione dell’anti-berlusconismo imperante a sinistra con l’anti-grillismo. Ciò ha fatto da collante e ha mobilitato il fronte pro-Renzi.

È stato un derby tra rabbia e speranza come l’ha definito il premier?
Oltre a questa dicotomia, potremmo inserirne un’altra per descrivere questa campagna elettorale: il movimento opposto alla stasi. È stato premiato il movimento di Renzi, anche se non ha ancora prodotto concretamente molti dei risultati annunciati. Grillo è stato percepito come statico perché non c’era nulla di propositivo nella sua offerta politica, nulla che ricordasse il movimento, ma quello che appariva solo come un rancore sordo.

Il 21% dei voti è comunque un risultato significativo, non crede?
Lo è. Nel nuovo bipolarismo uscito dal riassetto del sistema, il secondo partito è il M5S. C’è stata nella narrazione della vittoria da parte di Grillo una retorica a sproposito, fatta per mobilitare l’elettorato e sperare nell’effetto ‘bandwagon”, cioè lo schierarsi con il vincitore. Ora che le attese della vigilia non sono state realizzate, bisogna capire cosa può accadere.

C’è il rischio che il M5S scoppi?
Non mi sento di fare previsioni su cosa accadrà. Potrebbero nascerne discussioni interne o potrebbe scattare l’idea di ricompattarsi. Sicuramente il M5S non scomparirà con questo voto e resterà protagonista fino a quando eserciterà la sua funzione strutturale: essere l’imprenditore della rabbia e di un certo ribellismo sociale.

Come recuperare la differenza di voti che lo separa dal Pd?
Il M5S ha fatto il pieno di voti dell’Italia contro, della rabbia e del rancore ma per andare oltre, dovrebbe cambiare pelle. Grillo e Casaleggio si sono accorti che bisognava passare dalla fase della protesta pura a quella della proposta ma non ci sono riusciti. La realtà è che il physique du role di Grillo è quello dello show-man spacca tutto. Una metamorfosi non sarà semplice e prevede anche la creazione di gruppi dirigenti che implicano ovviamente autonomia. Per come è stato gestito il movimento finora, non credo sarà ben accolta.

E’ segno di confusione o di eclettismo il riferimento a persone e cose estremamente diverse, da Stiglitz a Berlinguer a Star Wars?
Mi permetto di suggerire per capirlo la voce “ideologia” curata da Michele Sorice nel libro “Alfabeto Grillo”. I riferimenti culturali del M5S sono un patchwork tipico di una dimensione post-ideologica che caratterizza la politica di oggi. Come in un supermarket, autori e testi vengono presi a piacimento per essere inseriti alla bisogna in un discorso, come è accaduto sul palco di piazza San Giovanni con le parole di Casaleggio. Si rileva una debolezza nei fondamentali, la mancanza di una cultura strutturata. Non a caso, il movimento non ha intellettuali e ha un atteggiamento anti-intellettualistico. C’è un’orizzontalizzazione della cultura per cui per conoscere un fenomeno, si pensa sia sufficiente digitarlo in rete.



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