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Marchionne, Berlusconi e Tronchetti, le fruste lezioni di Carlo De Benedetti

Grazie all’autorizzazione dell’autore, pubblichiamo l’articolo di Marcello Zacchè uscito oggi sul quotidiano il Giornale

Pur con un pezzo dell’impero di famiglia – leggi il polo energetico di Sorgenia – impantanato in un buco da 2 miliardi, Carlo De Benedetti non rinuncia a salire in cattedra e dare le sue pagelle a destra e sinistra, nell’economia come nella politica. Promuove (anche se solo a metà) Sergio Marchionne, ma boccia un gigante come Gianni Agnelli; insulta Beppe Grillo, ma strizza l’occhio a Matteo Renzi; e scherza sulla condanna di Silvio Berlusconi da eseguire ai servizi sociali: se fosse stato assegnato a una sua clinica (quelle del gruppo Kos), ha detto, «non sarebbe uscito vivo».

DE BENEDETTI ALLA FESTA PER I 90 ANNI DI SCALFARI. LE FOTO

Il palcoscenico è quello di Dogliani, il festival della Tv, kermesse tradizionalmente orientata a sinistra e vicina al gruppo Espresso-Repubblica, controllato dalla Cir dei De Benedetti e presieduto dallo stesso Ingegnere. Per questo il momento più importante della giornata di ieri è stato il faccia a faccia con Giovanni Minoli, l’inventore di Mixer che oggi lavora per il gruppo Sole 24 Ore, altro palcoscenico che ospita regolarmente le opinioni dell’Ingegnere. Insomma, una condizione ideale per elevare De Benedetti a giudice supremo di buoni (praticamente nessuno) e cattivi (il resto del mondo).

Una timida autocritica è concessa solo su Sorgenia, sulla quale l’Ingegnere non può negare che «sono stati fatti errori con investimenti sbagliati». Dopodiché la colpa dell’attuale situazione fallimentare, che potrebbe portare le banche a prendere il controllo del gruppo sull’orlo del crac, non è naturalmente sua, bensì dei soci austriaci di minoranza: «Cir ha fatto una proposta di investimento alle banche e se Verbund avesse seguito saremmo in una situazione diversa».

Poi sotto a chi tocca: Marchionne? «Dal punto di vista dell’immaginazione e del coraggio merita 10, ma da quello della comunicazione e della sincerità quattro, o forse anche tre». Comunque bravino perché ha risollevato la Fiat «dal burrone dove l’aveva fatta precipitare Romiti». A lui voto zero. E sono cose che l’Ingegnere conosce bene perché in Fiat ci fu anche lui, nel 1976, ma per soli tre mesi, cacciato proprio da Romiti. Forse non a caso, allora, nessuna pietà nemmeno per l’Avvocato, «straordinario ambasciatore del Paese, ma pessimo imprenditore», o per John Elkann: «Gli darei il voto del nipote». Che si suppone non molto alto.

Da editore di Repubblica, invece, De Benedetti guarda in casa del concorrente Corriere senza cambiare registro: «De Bortoli è un bravo direttore, ma a volte ha delle debolezze: ha dato la terza pagina a Marina Berlusconi, io mi sarei fatto pagare». Ne discende un giudizio secco sul gruppo Rcs: «Credo che qualcosa cambierà. Se non cambia è peggio per loro, per me da concorrente sarebbe meglio se rimanesse così».
Capitolo Telecom: posto che all’Ingegnere non è mai andata giù la scalata della sua ex Olivetti e del suo ex manager Roberto Colaninno, ce n’è di nuovo per tutti: l’attuale presidente di Alitalia è un «poveraccio», mentre di Marco Tronchetti Provera, che ha rilevato il gruppo dallo stesso Colaninno, l’Ingegnere dice che a comunicazione è fatta bene, la rapina ancora meglio».

Anche in politica si salvano in pochi. Non certo Grillo «un fascistello populista»; ma Renzi, guarda caso, invece sì. Sul premier l’Ingegnere ha cambiato idea perché «non è furbo, ma intelligente. Ho scoperto che è una spugna». E il presidente Giorgio Napolitano? «Si dimette entro l’anno». E al suo posto? «Penso a Fassino». Chissà invece che ne penserà, ora, il sindaco di Torino.


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