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Marco Biagi, la lezione di un eroe scomodo

marco biagi

Il passato non torna perché non è mai passato. Brucia la pelle e l’anima ciò che sta accadendo dopo 12 anni dall’assassinio di Marco Biagi sul quale scese troppo in fretta un omertoso e colpevole silenzio. Ebbene ripartiamo dall’indagine in corso in queste ore per riallacciare la memoria scomoda di un amico Professore morto per il suo Paese e per mano di belve sanguinarie. Molte belve: chi ha premuto il grilletto della pistola uccidendolo e chi lo ha lasciato solo.

LE LETTERE DI BIAGI

Basta leggere i testi delle cinque lettere spedite dal professor Marco Biagi 1) Al presidente della Camera Pier Ferdinando Casini, 2) Al ministro del Lavoro Roberto Maroni, 3) Al sottosegretario al Lavoro Maurizio Sacconi, 4) Al prefetto di Bologna, 5) Al direttore generale di Confindustria Stefano Parisi che già nel giugno 2002 furono pubblicate dal quindicinale “Zero in condotta” e la versione integrale fornita a Repubblica dallo stesso Stefano Parisi allora Direttore Generale di Confindustria.

LE OMISSIONI

Lettere accorate che chiedevano ciò che uno Stato di Diritto doveva assicurare a colui che stava portando avanti con rigore e competenza una riforma del lavoro indispensabile per aiutare il nostro Paese. E oggi con che coraggio e senza vergogna, si ritorna sulle omissioni di tanti che non vollero dire la verità? Sulla mancata scorta al giuslavorista Marco Biagi, ucciso dalle Brigate Rosse proprio perché lasciato senza protezione delle forze dell’ordine, nuovi tasselli si aggiungono all’inchiesta che ha portato ad indagare Claudio Scajola di omicidio colposo per omissione.

NUOVI TASSELLI

Una delle lettere “vistata” dal segretario di Scajola inviata pochi giorni prima dell’omicidio di Biagi, il 19 marzo 2002, all’allora ministro dell’Interno, in cui si spiegava il serio pericolo che correva il giuslavorista, è stata scritta da Roberto Maroni, allora ministro del Welfare. E così oggi i procuratori bolognesi Alfonso e Gustapane stanno alzando il velo sulla vicenda indagando ancora per ora su ignoti. Ma tante furono le richieste a Scajola per la scorta di Biagi e perché solo ora Luciano Zocchi, segretario personale di Claudio Scajola, rivela che il 15 marzo – quattro giorni prima dell’azione eversiva delle nuove Br – Enrica Giorgetti, moglie di Maurizio Sacconi (ex ministro del Lavoro), gli segnalò al telefono la relazione dei servizi segreti con le minacce brigatiste, chiedendo di dare la scorta a Biagi. E poco dopo lo stesso Zocchi avrebbe ricevuto un’altra telefonata, quella dell’allora direttore generale di Confindustria, Stefano Parisi, che segnalò lo stesso problema. Zocchi racconta di aver scritto i due appunti (a firma Sacconi e Parisi) e di averli consegnati a Scajola. L’ex ministro dell’Interno – spiega Zocchi – li aveva letti in quanto chiese al suo segretario come facesse a conoscere Sacconi e Parisi? E perché questo silenzio colpevole fino ad oggi???

LA VULNERABILITA’ DI BIAGI IN UN DOCUMENTARIO RAI

Noi ricordiamo bene che la RAI mandó in onda un documentario della serie LaStoriaSiamoNoi (ancora visionabile sul sito ufficiale) che ricostruisce gli avvenimenti principali attorno alla vicenda dell’assassinio di Biagi. Giá in quel documentario si capiva in modo cristallino dalle interviste a Maroni e Casini, che il “Ministero dell’Interno” (senza fare peró esplicitamente il nome di Scajola) era ben al corrente della condizione di pericolosa vulnerabilitá di Biagi. Dalla medesima ricostruzione, emergono inoltre, seppure in maniera molto rapida e superficiale, dei particolari che inducono a pensare che questa vicenda nasconde ancora oggi dei lati oscuri davvero inquietanti.

SCORTA E COMUNICAZIONI

Nella deposizione di una delle brigatiste che ha partecipato all’omicidio di Biagi viene detto che se Biagi avesse avuto la scorta, le BR non sarebbero state in grado di uccidere perché non erano sufficientemente preparati ad affrontare uno scontro a fuoco. Un altro particolare riguarda le comunicazioni: per esempio l’autore delle telefonate di minaccia ai danni di Biagi riusciva puntualmente a bypassare i tabulati degli operatori telefonici (come faceva ad avere informazione del genere?). Inoltre (fatto ancora non confermato) un tecnico informatico (Michele Landi) che pare stava lavorando alle indagini, riuscí a risalire all’origine dell’email di rivendicazione delle BR, che risultó essere stata spedita da un computer del Ministero dell’Interno. Michele Landi fu trovato “suicidato” nella sua abitazione. E la vicenda di Michele Landi e del suo “suidicio” insieme a quella della mail di rivendicazione é tutt’altro ancora oggi che chiarita.

I LATI OSCURI

Non è dato sapere se ci siano ancora indagini in corso. L’omicidio del nostro Professore é circondato da tanti interrogativi e lati oscuri. Per esempio ricordo Francesco Cossiga che in una esternazione rozza disse di trovare normale che il presidente della Repubblica (?) avesse ringraziato pubblicamente Beppe Grillo per un suo libro in cui Marco Biagi viene indicato come la causa del precariato e delle sue odiose conseguenze. Così come ricordo bene Beppe Grillo quando attaccò Marco Biagi perché accusato di essere il riformatore della società capitalistica. Ma chi non ricorda Francesco Caruso, esponente del movimento no global del sud Italia che dopo la mancata elezione di rappresentanti del partito di rifondazione comunista del 2008 si è dichiarato “sovversivo a tempo pieno”. Che a luglio 2011 è stato sospettato di essere “Spidertruman”, un anonimo attivista che dichiara su Facebook di essere un precario licenziato da Montecitorio, e di voler svelare tutti i segreti della “casta”, con un’operazione che raccoglie ancora migliaia di adesioni su Internet, e che fa parlare di sé in Italia e all’estero? E’ ben nitido sempre il ricordo del Francesco Caruso quando in modo abominevole dichiarò che se erano morti due operai, Marco Biagi con Tiziano Treu meritavano il titolo di assassini. Poi Caruso cercò di aggiustare l’infamia dicendo che Biagi e Treu con le loro riforme consentono agli assassini di assassinare benché uno dei due sia sepolto perchè assassinato. Una correzione codarda demenziale e insopportabile. Ma chi si ribellò allora di fronte al linguaggio sciacallesco e canagliesco di Caruso? Caruso con il suo repellente linguaggio vilipese un morto e aggredì in nome di una ideologia nemica della democrazia violata. Vergogna e un po’ di pudore ora sarebbe d’obbligo.

IL PROCESSO

Il ricordo scorre sugli assassini di Marco Biagi perché di quel processo ricordo parti indimenticabili per l’orrore che mi produssero. Nel processo di primo grado, il 1º giugno 2005, la Corte d’Assise di Bologna dopo ventidue ore di camera di consiglio, condannò a cinque ergastoli altrettanti componenti delle Nuove BR: Nadia Desdemona Lioce, Roberto Morandi, Marco Mezzasalma, Diana Blefari Melazzi, Simone Boccaccini. Il 6 dicembre 2006 in Appello la Corte d’Assise confermò in secondo grado l’ergastolo per Blefari Melazzi, Morandi, Lioce, Mezzasalma riducendo a 21 anni di reclusione la condanna per Beccarini, riconoscendogli le attenuanti generiche.

Nel terzo ed ultimo grado di giudizio, l’8 dicembre 2007, la quinta sezione penale della Cassazione di Bologna confermò il verdetto emesso in secondo grado rendendo definitive le condanne ai cinque brigatisti responsabili, tranne che per Lioce, la quale non aveva presentato ricorso in cassazione. Risuona ancora nella nostra testa la testimonianza allora di Cinzia Banelli brigatista che ora vive protetta e a spese dello Stato in una località sconosciuta “Se Marco Biagi avesse avuto la scorta non saremmo riusciti ad ucciderlo”.

La brigatista collaborò con gli inquirenti e testimoniò come Galesi e Morandi, Lioce Banelli Melazzi membri del commando assassino agirono. Informò che l’interesse nei confronti di Marco Biagi iniziò con la collaborazione con il Comune di Milano, con il ‘Patto di Milano’.

Biagi diventò, poi, un vero e proprio obiettivo nell’estate 2001, “nel momento in cui il Libro Bianco, di cui lui era il principale autore, diventò un obiettivo politico”. La decisione finale di uccidere Biagi, disse Banelli, fu presa nel gennaio 2002. E fu facilitata, ammise, dal fatto che Biagi era senza protezione. “Per noi già due persone armate – raccontò – costituivano già un problema. Non erano abituati ai veri conflitti a fuoco”. Banelli ricordò l’articolo del settimanale Panorama redatto sulla base di un allarme terrorismo dei servizi segreti e pubblicato qualche tempo prima dell’omicidio del professor Biagi. “Leggemmo l’articolo e capimmo che poteva costituire un problema. Veniva indicata chiaramente una persona come Biagi come possibile obiettivo. Avremmo dovuto fare più attenzione, osservare possibili cambiamenti nella situazione del professore. Dovevamo controllare che non fosse solo. Invece arrivò alla stazione di Bologna da solo”.

LA VITA DEI BRIGATISTI

Ma come vivono ora questi brigatisti ? Banelli appunto è mantenuta dallo Stato in località segreta. Lioce in carcere con tre ergastoli sulla pelle: ha partecipato all’assassinio di Massimo D’Antona, Marco Biagi, e Petri, il poliziotto vittima nel conflitto a fuoco dove è morto anche il brigatista Galesi. Mezzasalma in carcere a Parma oggetto di manifestazioni ricorrenti di solidarietà di compagni, la Blefari si è suicidata a Rebibbia nel 2009, Morandi in carcere a Firenze, il 14 maggio 2012 – ha scritto una lettera choc “Onore al brigatista Mario Galesi”. E chi ora renderà onore al sacrificio di Marco Biagi e alla sua famiglia con la verità ? Chi è o chi sono i colpevoli per averlo lasciato morire ? La verità la vogliamo.



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