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Europee 2014, pessimo finale di campagna elettorale

Abbiamo assistito ad un finale di campagna elettorale europea tragicomico. Con una frenetica caccia al voto preferenziale che ha evidenziato demeriti di candidati; velleità di recupero di partitini chiaramente al di sotto della soglia di sicurezza del 4 per cento nell’immane sforzo di riqualificarsi nel giudizio degli elettori; grossolanità e pericolosità di protagonisti del protestantismo contro tutti, convinti di potere radere al suolo l’odiata Casta con tutti i loro filistei.

Reduce dal fiasco di Porta a Porta, Beppe Grillo ha fatto rapida ammenda di avere sbagliato performance dinanzi al principe della comunicazione televisiva, senza riuscire a spiegare agli otto milioni di telespettatori quale fosse in realtà il suo progetto: per il futuro prossimo e per quello remoto. Così, dapprima ha cercato di rimediare recandosi dinanzi a Montecitorio sbandierando un falso assegnone plurimilionario che i suoi seguaci (non lui) avrebbero restituito allo Stato. Poi si è esibito dinanzi a telecamere compiacenti ad illustrare quel plastico (non esibito in tv) del castello con dentro tutti gli attuali figuranti della politica morente, raccogliendo qualche risata da un pubblico invero poco numeroso.

Infine ha tirato fuori il peggio di se stesso e dei suoi seguaci: con occhi inferociti da una lucidità drogata e attorniato da alcune ragazzotte che già s’immaginavano quali prossime tricoteurs rivoluzionarie e sanguinarie. ha comunicato urbi et orbi che, assieme al comaestro di civiche virtù Gianroberto Casaleggio, si appresta a costituire un governo Di Maio: il cui primo punto di programma è la fucilazione dell’intera opposizione, senza riguardi per nessuno. Insomma Grillo ha rivelato il vero volto del suo movimento che, dalla protesta, pensa di passare direttamente al potere, sterminando gli avversari. Come fece Hitler in Germania, come coraggiosamente ripeté Pinochet in Cile.

Né migliori prestazioni hanno reso le candidate del Pd. Che, messe in mostra da Renzi come primedonne capolista nelle cinque grandi circoscrizioni italiane per il voto europeo, stanno suscitando crescenti riserve nelle strutture organizzative e propagandistiche del maggior partito della sinistra e non poche preoccupazioni nel premier. Il quale nel suo forsennato giro d’Italia parla ai suoi elettori, non agli italiani, perché teme defezioni e ripensamenti, con riverberi negativi sul suo governo.

Addirittura stupefacenti le uscite mediatiche degli ottimati. I quali cercano di riguadagnare quel posto al sole nel quale erano stati insediati senza meriti politici e di seguito scioltisi come neve al sole nelle loro prove politico-economiche concrete. È bastato che Corrado Passera, un tempo ministro poi competitore di Monti, preannunciasse un suo passaggio del Rubicone ritenendosi un Cesare del Terzo Millennio che, prima, reagisse la ministra-segretaria della decadente Scelta Civica, autocandidandosi a capintesta di «tutta l’area che non si riconosce nel Pse; e, quindi, tornasse sdegnato nel ciclo mediatico il desaparecido Mario Monti, naturalmente con una intervista al «Corriere della Sera». Nella quale l’ex rettore bocconiano si rilancia come risanatore dell’economia italiana, insidiata dai monetaristi bruxellesi e – dice lui – ora anche da politici. Ma, nell’ispirazione generale, cerca di scansare l’offensiva di Passera e cerca di proporsi come l’uomo forte di un’Italia del pre-Pd e del post-Pd. Insomma, nel complesso, una pietosa rassegna di piccole ambizioni, espresse con immutata spocchia ma senza reale capacità di influenza sugli elettori.


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