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Piketty, l’economista che mastica poca economia

Tassare i redditi superiori a 500 mila dollari l’anno con un aliquota dell’80% e adottare un’imposta patrimoniale del 10% annuo sulle maggiori ricchezze. La ricetta, contro la crescente polarizzazione degli averi, dell’economista francese Thomas Piketty, autore del saggio Capital in the Twenty-First Century, vuole la solita macchina pubblica e statale nel ruolo di maxi lavatrice in grado di ridistribuire averi, servizi e potere di acquisto. Nulla Piketty dice sulla efficacia di tale macchina nel migliorare le concrete opportunità di vita delle persone o nel realizzare effettivi progressi nella giustizia fiscale. Più tasse significa implicitamente meno disuguaglianza.

LE OSSESSIONI DEL FRANCESE

Ciò che ossessiona Piketty è il tasso di crescita del rendimento del capitale (r) se esso supera, e tale si mantiene, il tasso di crescita del Pil di un paese (g). In questo caso si realizza il trionfo della rendita e la polarizzazione delle classi sociali si fa massima. Il lavoro statistico fatto dal parigino per supportare le sue tesi è imponente e plurisecolare.

LE DIMENTICANZE DI PIKETTY

Ma dentro i numeri Piketty dimentica di analizzare quello che un secolo fa non era sfuggito a Thorsten Veblen: la dimensione sociale della ricchezza e la percezione di cui oggi godono i fruitori, se rentier, o gli animatori, se imprenditori e innovatori, di «r» nel comune sentire contemporaneo. Per espropriare il frutto del lavoro o il patrimonio, anche se solo in buona parte, dei più ricchi questi devono essere percepiti con estrema negatività dal resto dei cittadini.

LE ICONE DEI RICCHI CHE PIACCIONO

Devono nascere dei veri e propri movimenti politici antiricchezza che possano dare attuazione alle proposte. Oggi tutto ciò è semplicemente impossibile, perché la componente più visibile e conosciuta dei nuovi ricchi gode di una percezione maggioritaria positiva. Jobs, Gates, Page, Zuckemberg sono le icone dei ricchi che piacciono. Non sfruttano il lavoro altrui; dischiudono nuove opportunità per centinaia di migliaia di lavoratori; non fanno politica attiva ma vivono con moderazione la propria ricchezza; restituiscono molto alla società tramite le loro iniziative sociali; favoriscono l’accumulazione della conoscenza. Sono secoli distanti dagli imprenditori del capitalismo materiale, quelli della catena di montaggio retta dalla forza del capitale, che estraevano più ricchezza dalla società di quanta ne ritornavano.

UN CONSIGLIO ALL’ECONOMISTA FRANCESE

I propulsori di «r» sono idoli positivi del capitalismo contemporaneo che suscitano comportamenti emulativi non un’invidia da esproprio comunista. Piketty si immerga nella sociologia della ricchezza e scoprirà che nel ventunesimo secolo i ricchi hanno vinto.

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