Grazie all’autorizzazione dell’editore, pubblichiamo il commento del direttore di Italia Oggi, Pierluigi Magnaschi uscito sul quotidiano economico e politico di Class Editori.
Sugli scontri avvenuti all’Olimpico di Roma si sono sviluppate due posizioni. La prima è quelle del ministro degli interni, Angelino Alfano. L’altra è del commissario tecnico della Nazionale di calcio, Cesare Prandelli. Il primo, Alfano, sostiene che, contro chi delinque, va applicato il codice penale, senza strizzatine d’occhio o attenuanti di sorta. Il secondo, Prandelli, sostiene invece che con i tifosi (anche quelli violenti) va adottata «la politica del dialogo, non quella della contrapposizione» anche perché solo con il dialogo e le trattative si può aiutare «il Paese a crescere». Ma il Paese cresce se la società impedisce ai violenti di imporre la loro volontà sugli altri e, nel caso specifico, di impadronirsi degli stadi.
L’esperienza della Gran Bretagna, che ha sconfitto gli hooligans (che poi però, non a caso, vengono a delinquere in Italia, quando sono in trasferta), è basata su principi ovvi. Chi delinque negli stadi viene individuato, arrestato e processato per direttissima. Con i mezzi tecnici a disposizione della polizia (telecamere ad altissima risoluzione dappertutto; riprese obbligatoriamente acquisibili anche dalle emittenti tv) non è difficile individuare i facinorosi. Essi debbono poi essere sanzionati in base a norme ineludibili. Con il carcere, quando questa sentenza è giustificata dai comportamenti. E/o con il divieto di frequentare gli stadi che, nei casi di maggior pericolosità, potrebbe essere a vita. Non si vede infatti perché debba essere squalificato a vita un calciatore che ha sferrato un pugno a un arbitro e non un tifoso che ha sequestrato, con i suoi scherani, un intero stadio.
È sintomatico vedere che gran parte dei grandi imbrattatori di vetture ferroviarie o di metro colti sul fatto venga da tutti i paesi europei. Essendo, da noi, le sanzioni contro gli imbrattatori più deboli e improbabili, costoro, che nel paese d’origine rischiano grosso, preferiscono venire in Italia per poter delinquere impunemente.
Senza sanzioni applicate senza sconti, la delinquenza non può che dilagare. E diventare anche brodo di coltura di terrorismo. Oggi i No Tav si agitano, non più contro un tunnel, ma contro l’intera società. Gian Carlo Caselli, che lottò contro le Br, queste evoluzioni le conosce. E, inascoltato, le denunciò.