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Sicurezza energetica europea. Basta slogan

Leonardo Maugeri apre l’edizione milanese del Festival dell’Energia con un discorso che non fa sconti. “Il mondo dell’energia è in grande evoluzione; attraversiamo una fase di transizione caratterizzata da forti contraddizioni, ma ciò che è chiaro e di cui dobbiamo prendere consapevolezza è che il protagonista è uno solo: gli Stati Uniti d’America. Tutto si sta svolgendo lì. Tutto viene da lì”, dice. 
È lì che è nata la rivoluzione dello shale gas (ed è quello il Paese che ne godrà maggiormente), è da lì che continua a venire l’innovazione tecnologica vera. Quello di Maugeri è dunque un richiamo alla concretezza per la vecchia Europa; dobbiamo essere consapevoli della realtà dei fatti e agire di conseguenza, in particolare su due punti vitali: sicurezza degli approvvigionamenti e innovazione.

L’ipotesi di far fronte alla sicurezza degli approvvigionamenti puntando sullo shale gas europeo, in particolare sulle risorse individuate in Polonia, è irrealizzabile, così come contare sulle esportazioni dagli USA.
Le ragioni, ricorda Maugeri, sono due. La prima di natura tecnica e la seconda di tipo politico.

“Alcuni problemi tecnici potrebbero essere gestiti, altri no. L’intensità di perforazione che richiede la tecnologia oggi utlizzata per sfruttare lo shale gas è uno di questi. Il giacimento di shale raggiunge il picco in poco tempo; dopo il primo anno la produzione scende del 50%, e dopo 5 anni il pozzo rende il 10%. Ciò costringe a una densità di perforazione altissima (il rapporto è di 1 a 1000 con la produzione convenzionale), che può essere utilizzata solo in luoghi con una bassa densità di popolazione. Negli USA solo nel 2013 sono stati messi in produzione 7000 pozzi di shale. In tutto il resto del mondo, tra petrolio e gas convenzionali e non convenzionali, hanno avviato la produzione 3900 pozzi.”  Numeri che parlano da soli, quelli che cita Maugeri, e che chiariscono la portata dell’illusione dello shale europeo.
Ma la doccia fredda riguarda anche l’ipotesi di poter godere almeno delle esportazioni del gas di scisto statunitense. Anche su questo, Maugeri non lascia molte speranze: è una risorsa che serve a loro, internamente, che traina la crescita industriale e a cui non rinunceranno. “Esportarlo significa far crescere il prezzo interno e questo gli americani non lo vogliono”. Forget it.

Per questo, l’unica strada praticabile per fronteggiare il tema della sicurezza energetica in Europa, oltre i discorsi vani sulla diversificazione delle fonti e degli approvvigionamenti, “è costituire una riserva strategica del gas detenuta da Bruxelles”. Il modello è sempre quello statunitense: “700 milioni di barili accantonati e utilizzabili esclusivamente per reali situazioni di emergenza.” Non c’è una terza via.

Ma l’America è l’epicentro di ogni cambiamento anche sul fronte della ricerca e dell’innovazione. Da questo punto di vista, sostiene Maugeri, “l’Italia e l’Europa devono cambiare modello, costruire un sistema che funzioni e che metta davvero insieme imprese e ricerca. La ricerca di base europea è di altissima qualità, ma quello che manca è lo step successivo, il meccanismo di transizione che consente alla buona idea di trasformarsi in idea commerciale e di aprirsi una strada al mercato”. Per questo servono cambiamenti all’interno del sistema di investimento e di regolazione. “In Italia ci sono 13 venture capital e i controlli su questi investitori sono molto più stringenti che non sulle banche”.
Un sistema-innovazione che ha fatto sì che anche nelle rinnovabili gli Stati Uniti siano sempre un passo avanti agli altri, con buona pace della Germania: “Nel settore del solare a concentrazione, dove ormai si è toccata la grid parity, l’impresa leader al mondo si chiama First Solar, la tecnologia applicata consente, a partire da specifiche condizioni di insolazione, di realizzare impianti che batte il gas o il carbone”.

Dobbiamo affrontare la politica della ricerca e dell’innovazione sia in Europa che in Italia in altro modo. Rivedere il modo in cui questi settori vengono finanziati se vogliono poter fare concorrenza agli Stati Uniti e dare qualche chance alle nostre imprese.
Paese avvertito…

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