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Tasi, campa cavallo che l’imposta cresce…

Le scadenze fiscali di giugno si sono fatte parecchio affollate, visto che al consueto versamento dell’Irpef si sono aggiunte le imposte municipali: ora c’è la Iuc, che si compone di Imu, Tasi e Tarsi. Il sistema tributario italiano è sempre più caratterizzato dalla decentralizzazione, obiettivo di lunga lena dei leghisti: “Il federalismo è fiscale, o non è”.

LE DIFFICOLTA’

Alla prima applicazione della Tasi, ci sono vistosi ritardi, visto che poco più di mille comuni su oltre ottomila hanno adottato le delibere relative. Ci sono difficoltà oggettive ed altrettanto oggetive strumentalizzazioni. Se è vero che la nuova Iuc è stata costruita in maniera tale da far incassare ai Comuni un importo complessivamente invariato, è stata anche prevista per l’abitazione principale la possibilità di tutelare i meno abbienti con sgravi. Alcuni Comuni hanno previsto abbattimenti decrescenti della Tasi in funzione del maggior valore catastale e riduzioni per i minori a carico. Altri non hanno adottato nessuna misura di favore: aliquota secca. Anche nel caso della addizionale comunale sull’Irpef, che non deve superare lo 0,8% salve le deroghe come quella per Roma Capitale, i Comuni possono stabilire soglie di reddito ed aliquote differenziate. Per la Tari vige l’identico principio.

LE DISOMOGENEITA’

Se la legislazione rimette la tutela dei contribuenti più deboli alla assoluta discrezionalità delle amministrazioni comunali, sembra che a queste ultime manchino gli strumenti conoscitivi per simulare razionalmente le diverse ipotesi, accoppiando i valori catastali, i redditi del proprietario dell’immobile, quelli dei conviventi ed il numero dei minori a carico. Si determinano comunque disomogeneità inspiegabili sulla base della medesima capacità contributiva: case che hanno lo stesso valore catastale e persone che hanno lo stesso reddito e la stessa situazione familiare possono essere tassate a livello locale in modo molto diverso. A distanza di pochi chilometri dai grandi centri urbani, i comuni del circondario hanno costi inferiori e possono ridurre al minimo il livello dell’imposizione, ma si passa più tempo sui mezzi di trasporto.

Siamo di fronte al risultato ineliminabile del federalismo fiscale, un sistema fatto di vantaggi e di svantaggi, di incentivi e disincentivi. Funzionerebbe anche, se almeno il complesso degli oneri e dei vantaggi fosse minimamente prevedibile: invece tutto cambia da un anno all’altro ed addirittura quest’anno, a metà maggio, la gran parte dei cittadini ancora non sa quanto e quando dovrà pagare per la Tasi.

LE STRUMENTALIZZAZIONI

La strumentalizzazione è evidente, sia nei ritardi dei comuni sia nella conseguente decisione assunta ieri dal governo di far slittare dal 16 giugno al 16 settembre il pagamento della prima rata della Tasi per gli immobili diversi dall’abitazione principale (la vecchia Imu sulle seconde case, i negozi ed i capannoni) se il Comune non delibera entro il prossimo venerdì, 23 maggio. Per tutti i contribuenti degli altri 1.218 Comuni, quelli che finora hanno proceduto con la delibera, la scadenza per il pagamento resta il 16 giugno. Per la prima casa, la prima rata della Tasi rimane confermata a dicembre. Già in dodici città, la Uil ha calcolato che la Tasi sulla prima casa sarà più cara della vecchia Imu. Anche la Tari, che rimpiazza la veccia Tarsu, sarà l’occasione per nuovi rincari.

Siamo sotto elezioni, anche se solo per il rinnovo del Parlamento europeo: magari i cittadini si indispettiscono, e votano per cambiare verso. Meglio rinviare a dopo l’estate. Campa cavallo ….che l’imposta cresce.

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