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Vi confesso che sono attratto dalla Svizzera

Grazie all’autorizzazione del gruppo Class Editori pubblichiamo l’articolo di Riccardo Ruggeri apparso su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi

Vivere in Europa, ma risiedere in Svizzera, in questo momento storico lo considero un privilegio: hai l’opportunità di vedere cosa noi uomini e cittadini non dovremmo mai fare (riconoscere e seguire gli ordini di Bruxelles, di Francoforte, di Washington, uomini e organizzazioni mai votate dal popolo) e le difese che puoi praticare contro costoro (sognare di essere gli svizzeri dei referendum popolari).

TRE PRESUPPOSTI

Già nel ‘500 Machiavelli intuì il valore di questi montanari diversi da tutti gli altri, non nei costumi, ma nel modo di governarsi, sulla base di tre presupposti: a) gestione oculata delle modeste risorse naturali (mai hanno avuto bisogno della spending review); b) difesa armata dell’indipendenza; c) adozione di forme dirette di democrazia. Nel ‘700, gli intellettuali li esaltavano, mentre le élite monarchiche li bollavano da «Kuhschweizer» (vaccari). Nel frattempo, gli europei si massacravano con guerre senza senso, loro si diedero un’organizzazione di democrazia semi-diretta, di stampo federale, con un forte esercito miliziano. Il momento più difficile lo superarono esattamente cento anni fa, allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, quando diverse furono le valutazioni fra la componente tedescofila e quella francofona, ma l’ascesa negli anni ’20-’30 di regimi criminali in Italia, Germania, Urss provvidero a cementare la coesione nazionale.

LE OCCASIONI COLTE

Gli svizzeri colsero il grande ciclo di sviluppo del ‘900, salirono nell’olimpo mondiale dell’alta tecnologia (sono terzi al mondo come brevetti) e dell’intermediazione bancaria, investirono in grandi opere civili, osservarono con una certa nonchalance la nascita del mercato comune, non accettarono di entrare all’Onu, men che meno nell’Europa che un giorno sarebbe stata dei Martin Schulz e dei Junker. All’arrivo della Grande Crisi furono gli unici ad assumere decisioni drastiche per risanare i conti delle loro Banche e dello Stato: tre anni di sacrifici, poi l’uscita dalla Grande Crisi. I loschi paesi europei, invidiosi di non saperlo fare, non glielo perdonarono. Nel frattempo, la Grande Crisi portò al potere in Europa e negli Stati Uniti delle organizzazioni non elette, ma che si collocarono al di sopra dei Governi, individuate con sigle (com’era in uso negli orrendi anni ’30 e ’40) del tipo UE, BCE, FMI e ancora, sopra a tutto, WS (Wall Street).

LA SCISSIONE

Il referendum sull’immigrazione di alcuni mesi fa è stato l’ultimo segnale dell’avvenuta scissione, anche in Svizzera, fra il popolo e le sue élite che stavano prendendo una «sbandata» filo europea e di accettazione dei loschi ricatti, via Wall Street, degli Stati Uniti. Domenica si sono tenuti tre importanti referendum.

Quello sul salario minimo voluto dalle varie Sinistre è stato battuto in modo plebiscitario. Rimarranno fedeli a quello che loro chiamano il «partenariato sociale» : dal 1937 regola il mercato del lavoro in senso liberale. Quello sugli aerei svedesi Gripen, gradito dalle Destre, non è passato. Come ha detto il Corriere del Ticino «piuttosto che pagare a peso d’oro le tegole, preferiamo per qualche tempo avere il tetto bucato». Quello detto «Marche Blanche» aveva un sapore antico di saggia moralità popolare: vieta ai pedofili di lavorare in qualunque forma con i bambini, ha fatto il pieno dei voti popolari, con l’unanimità dei Cantoni (rara), cancellando le sofisticazioni intellettuali («violazione del principio di proporzionalità») delle Sinistre, dei Verdi e dei Liberali, versione radical chic.

UN SISTEMA ELETTORALE DA COPIARE

Che bello sarebbe per l’Italia un sistema elettorale come quello svizzero, basato sui partiti e da rigorosi pesi e contrappesi: per garantire la «rappresentanza» uso del proporzionale puro, per assicurare la «governabilità» alleanze fra partiti alla luce del Parlamento, controllo finale assegnato al popolo sovrano, attraverso i «referendum» , che devono avere la maggioranza dei voti dei singoli e dei Cantoni. Altro che i buffoneschi Porcellum, Italicum, Senatus.

Leggi l’articolo su Italia Oggi

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