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Vi spiego perché su Alitalia è stupido giochicchiare con Etihad

Sulla questione Alitalia, per dirla senza tanti giri di parole, rischiamo di fare una pessima figura. Chiudere o meno l’accordo con Etihad non significa solamente salvare la compagnia italiana, ma le modalità con le quali è stata e sarà gestita la trattativa porteranno ad una serie di conseguenze che riguardano tutto il Belpaese e le sue relazioni economiche e politiche con gli Emirati: un paese che tradizionalmente ha sempre privilegiato rapporti d’affari con quei furboni degli inglesi ed i nostri cugini d’oltralpe, ma sempre più attento ed interessato alle italiche opportunità.

Senza entrare nel merito delle criticità ancora sul tavolo della trattativa, è chiaro che da parte di Etihad è forte l’ambizione di assumere un ruolo di vettore globale, mentre dall’altra non ci sono soluzioni alternative al fallimento con tutto ciò che ne consegue, in sintesi: il disastro.

Ciò premesso, per meglio comprendere le implicazioni e le possibili ricadute della telenovela alata, è utile precisare che il giovane ministro degli esteri emiratino ricevuto ieri alla Farnesina è il fratello minore di H.H. Mohammed bin Zayed bin Sultan Al Nahyan, l’uomo che di fatto gestisce l’enorme patrimonio del fondo sovrano Abu Dhabi Investment Authority (ADIA) e di Mubadala, il principale veicolo di investimento del governo emiratino, già coinvolto in Ferrari e che recentemente ha acquisito la Piaggio Aero. Quindi, i nostri giovani politici hanno dialogato con un collega che prima di tutto è un uomo d’affari, un principe che un paio di giorni fa ad Atene – mentre da noi si discute di occupazione e lavoro – ha siglato una joint venture per un progetto del valore di 7 miliardi di euro con il Primo Ministro greco Evangelos Venizelo. Una collaborazione che porterà a circa 50.000 nuovi posti di lavoro nella devastata Grecia.
Un investitore particolarmente sensibile ai comparti delle eccellenze italiane rappresentati dalle piccole/medie imprese e, soprattutto, a quel settore del turismo e della ospitalità che tanto può o potrebbe dare a tutto il sistema economico del Belpaese se adeguatamente supportato e strutturato finanziariamente.

Il nostro governo, per cìò che esclusivamente gli compete e viene richiesto fin dai tempi della visita a Abu Dhabi dell’ ex premier Letta lo scorso febbraio, farebbe bene a non rischiare figuracce di posizioni ambigue o risposte titubanti su nuove infrastrutture e utilizzi degli scali di Linate e Malpensa, sul ruolo che avrà Poste Italiane nell’ipotesi ancora fumosa di una newco, sulla questione degli esuberi e dei tagli dolorosi ma necessari.
Risponda nero su bianco alle istanze più volte sollevate – peraltro le stesse da settimane – da un sempre più imbarazzato Hogan, ora in difficoltà a rapportarsi con uno Sceicco che ha il nostro Paese e il nostro popolo in grande simpatia, ma della cui pazienza e disponibilità sarebbe preferibile e consigliabile non abusare.


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