Pubblichiamo un articolo dell’Ispi
Nei primi tre anni della presidenza di Dilma Rousseff il tasso di crescita del Pil brasiliano si è praticamente dimezzato (al 2% circa) rispetto alla media dei due mandati del presidente Lula (2003-2010). Anche l’anno in corso non è cominciato sotto i migliori auspici. Il prodotto nel primo trimestre è progredito appena dello 0,2% rispetto al periodo precedente (0,8% su base annua), sostenuto esclusivamente dalla spesa per consumi del governo e dall’accumulo di scorte. Le previsioni di crescita degli economisti del settore privato non sono certamente rosee. Esse si attestavano, nelle più recenti inchieste del Banco Central do Brasil, all’1,4% circa per il 2014 e in lieve accelerazione, ma comunque al di sotto dei ritmi del primo decennio del secolo, solo nel medio periodo (3% nel 2018).
Che cosa ha determinato il rallentamento dell’economia brasiliana? Quali le azioni deve intraprendere il Brasile per riavviarsi su un sentiero di crescita più robusta e ambire a entrare così nel novero dei ‘paesi avanzati’?
Per cercare di dare una risposta a queste domande bisogna adottare una prospettiva di lungo periodo. Il Brasile riuscì a conquistare la stabilità macroeconomia e a sconfiggere l’elevatissima e persistente inflazione (2.477% a fine 1993) con il plano real, lanciato da Fernando Henrique Cardoso nel 1994. La seconda metà degli anni novanta fu periodo di profonde riforme (le privatizzazioni, la riforma della previdenza sociale, l’apertura dell’economia verso l’estero, la ristrutturazione del sistema bancario, oltre all’introduzione di una nuova valuta, il real per l’appunto) i cui frutti sono maturati proprio negli anni 2000.
Nel suo primo mandato Lula proseguì la fase riformista con alcuni interventi che posero le basi, ad esempio, per il successivo sviluppo del mercato creditizio (si pensi al credito consignado o all’alienaçao fiduciaria). I benefici delle riforme e il contributo del favorevole ambiente esterno determinarono il decollo dell’economia brasiliana, illustrato efficacemente dalla famosa copertina dell’Economist che, a fine 2009, ritraeva il Cristo Redentore come un razzo sulla rampa di lancio. Quattro anni dopo la stessa rivista mostra un missile impazzito che si sta schiantando. Cosa è successo nel frattempo?
Certamente la visione della celebre rivista della city di Londra è eccessivamente pessimista e non tiene conto degli enormi progressi che si sono consolidati negli ultimi venti anni.
Nonostante tutto, il Brasile di oggi è molto più stabile sul piano macroeconomico, il suo sistema bancario e finanziario più solido, moderno e meglio regolamentato e supervisionato, la povertà e la diseguaglianza sono diminuiti in maniera evidente. Molte sono le imprese brasiliane capaci di eccellere a livello internazionale e il continuo interesse degli investitori stranieri per il paese è testimoniato dagli afflussi per investimenti diretti, che si collocano ancora stabilmente al di sopra dei 60 miliardi all’anno.
Giorgio Trebeschi, autore con A. Goldstein di L’economia del Brasile, Bologna, il Mulino, 2014.