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Gay pride, diritti e persone LGBT. Per una società Gender Sensitive

Giugno è il mese dell’orgoglio gay (Gay-pride). Fa caldo, si organizzano feste in ogni città con carri addobbati a festa, con trucchi, travestimenti e con tanto divertimento. In molti, da anni, scrivono contro questi eventi di “cattivo gusto“. E in questi giorni si legge di tutto. C’è chi parla di “inutile carnevale“, come l’amico Nino Spirlì, autore tra l’altro di un bellissimo testo autobiografico dal titolo “Diario di una vecchia checca“; c’è chi parla di “miti da sfatare” e chi di “insanabili contrapposizioni” tra la fede personale e la partecipazione da Sindaco, di Ignazio Marino, ad un corteo per i diritti LGBT. Ma è davvero così?

LA SOCIETÀ CHE CAMBIA: CONFRONTIAMOCI CON LA REALTÀ

In un articolo di carattere scientifico, per neodemos.it, avevo parlato della “società che cambia” spiegando come, tra società civile e classe dirigente (politica e religiosa), vi fosse uno scollamento considerevole. Mentre la maggior parte della popolazione italiana reputava nel 2012, necessario intervenire per garantire alle persone LGBT pari diritti, la Politica seguiva (e segue) una strada del tutto diversa, anacronistica e direi anche antistorica. Sempre su neodemos.it avevo poi analizzato la situazione negli USA, un paese ricco di ambiguità e contraddizioni, spiegando come persone che avevano una percezione negativa degli omosessuali, dopo averne conosciuti alcuni, avessero cambiato completamente idea. L’articolo si intitolava “è la società che è cambiata“.

Malgrado le potenti resistenze di alcuni gruppi, categorie o lobby, la società va avanti. Le trasformazioni socio-culturali possono richiedere decenni per compiersi, ma hanno la caratteristica dell’inevitabilità. Si può cercare di indirizzare questo cambiamento, rispondendo alle esigenze che emergono dalla società, ma pensare di porre delle barriere calandole dall’alto, sulla base di anacronismi, di regole sempre meno stringenti e per di più di ordine etico-morale, significa solo ingannarsi e farsi del male. Contrapporre una identità psicologica e sociale, sessuale ed emozionale, ad una appartenenza religiosa non è solo dannoso e ingiusto, ma anche, e soprattutto, assurdo. Lottare per dividere, anziché per unire è terrorismo. Creare una relazione diretta tra crescita di diritti per le persone LGBT e perdita di integrità della famiglia eterosessuale è ridicolo, scientificamente non provato. Anzi, sempre su neodemos.it avevo indicato che in quei paesi in cui alle coppie gay è consentito sposarsi e addirittura adottare, i tassi di natalità e fertilità non ne avevano risentito in alcun modo. Quindi, di cosa state parlando esattamente?

LA PUBBLICITÀ FINDUS: LA SOCIETÀ  È GIÀ CAMBIATA?

Un piccolo riferimento alla società che cambia, malgrado gli allarmismi e le inesattezze. La findus ha fatto una pubblicità intelligente e carina, elegante e per niente sconvolgente che ritrae un momento della vita quotidiana di una coppia omosessuale impegnata con un coming-out. Il marketing ha già scoperto che la realtà italiana è avanti rispetto alle discussioni sterili à la Giovanardi. Il discorso pubblico perpetua discriminazioni, stereotipi e timori. Questa pubblicità è un piccolo passo avanti per togliere ad una cosa naturale e normale, il velo di indecenza e di anormalità che alcuni hanno voluto posarci sopra.

E LA QUESTIONE DELLE ADOZIONI?

Esistono, purtroppo, al mondo migliaia e migliaia di bambini e bambine che, per ragioni di vario tipo, hanno perso i genitori biologici, o che sono stati proprio dai genitori abbandonati, rifiutati, molestati, oltraggiati. Questi bambini richiedono protezione e amore: non c’è nessuno studio scientifico che provi l’esistenza di un rischio o di un danno per questi bambini se hanno, anziché il niente, la paura e il dolore, due padri o due madri. Questo è stato confermato anche di recente da Mauro Grimoldi, Presidente dell’Ordine degli Psicologi della Lombardia, quindi mi domando, perché si voglia continuare a millantare un qualche rischio che nessuno studio ufficiale ha mai individuato.

I genitori biologici, e la storia passata e presente, purtroppo, ce ne da continuamente prova, non sono “di per sé” migliori o adatti a crescere dei figli. E nemmeno certe coppie adottive. Il discrimine, quindi non è (e non può esserlo) l’orientamento sessuale degli adulti, quanto piuttosto una predisposizione naturale alla genitorialità, semmai o alla possibilità culturale, emotiva ed economica di essere genitori affidatari o adottivi. In tutto questo, l’orientamento sessuale è irrilevante. In Danimarca non mi risulta esista un’esplosione di omosessuali, pazzi, o instabili. Eppure lì le coppie gay non solo si possono sposare, ma possono anche adottare da molto tempoAllora, illustrissimi giornalisti e opinionisti allarmisti, come mi spiegate questo? Perché la Danimarca non solo non è fallita, ma anzi, prospera felice, le coppie (tutte) si sposano, si lasciano come accade normalmente ovunque, hanno figli che crescono e vivono serenamente? Mistero della fede.

La ricerca scientifica non ha, non deve e non può, essere corrotta da ideologie, convinzioni precostituite, per di più di carattere etico-morale, biblico e/o religioso di qualsivoglia provenienza. Nel 1500 la Bibbia non era contraddetta, il mondo era piatto, la terra era immobile e tutto le girava attorno, era tutto falso anche se eminenti personaggi sostenevano il contrario. La scienza libera dall’ignoranza e dalla cecità rispetto alle cose che ci circondano. O si argomenta con prove concrete, oppure si evita di farlo. A mio avviso.

LA FUNZIONE APOTROPAICA DEL GAYPRIDE

E veniamo al Gaypride, il carrozzone dove c’è tutto e il suo contrario. Non ero nemmeno io molto convinto dell’utilità di questa manifestazione. Non credo che “dimostrarsi diversi” per “sentirsi uguali” sia un buon modo di chiedere la parità di trattamento. La pari dignità. Ma poi ho riflettuto molto attentamente e ho capito che questa manifestazione è così strutturata non per provocazione, feticismo o chissà che cosa (alcuni magari sì, per carità), c’è dietro una funzione “apotropaica” di allontanamento da sé, di ciò che non piace, spaventa e rende la vita di queste persone insostenibile, perché attorno hanno odio, rabbia, ignoranza e incomprensione.

C’era una bella canzone di Renato Zero che diceva: dietro questa maschera, c’è un uomo e tu lo sai/l’uomo d’una strada, che è la stessa che tu fai/ e mi trucco perché la vita mia, non mi riconosca e vada via (…) e mi vesto da re perché tu sia/tu sia il re di una notte di magia“.

IL DUBBIO

Nel dubbio, se essere d’accordo o no con il concedere libertà, diritti e dignità a delle persone, come si può scegliere di negare il tutto? Di essere oppressori e con quale leggerezza si può usare la fede per giustificare la rabbia e l’odio? No, per chi ha fede non può esserci odio, rabbia né oppressione della felicità altrui. Questa sarebbe una menzogna.

Nel dubbio, che è naturale all’uomo, ci dovrebbe essere la voglia di capire e di confrontarsi con gli altri. Di conoscersi e di aprirsi al mondo e alle sue contraddizioni, ambiguità e alla sua pluralità.

LA SOCIETÀ GENDER SENSITIVE

Non c’è emancipazione né sviluppo in una società che mette la rabbia, l’odio e l’esclusione davanti alla comprensione, all’accettazione e alla voglia di cooperare. Una società che opprime se stessa è destinata all’oblio. I casi di altri Stati ci dimostrano che nell’essere più aperti, non si perde niente e si guadagna molto. In termini di pace sociale, di serenità, di felicità e di progresso sociale ed economico. Perché dovrebbe essere diverso per noi? I timori di certe frange conservatrici della società italiana sono surreali, non provati e non provabili. Di freni, timori, non coraggio si è vissuto per troppo tempo, c’è bisogno di crescere.

Una società che non accetta la diversità, la pluralità, sia essa di idee, di vite o di gusti, è una società chiusa su se stessa che può solo avvizzire e non produrre niente. E questo, per una comunità, è il peccato più grande di tutti.



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